Nel cuore del poiàt
di Fabio Gafforini

Interessante il progetto architettonico/naturalistico proposto l'altra sera in biblioteca a Bione: alla ricerca del rapporto fra uomo e natura: fra radici, storia e... gastronomia


Si è tenuto nella Biblioteca Comunale di Bione, venerdì 25 Novembre, l’incontro dal titolo “Natura-Architettura: un progetto architettonico per il Piano di Lo’”, organizzato dalla Commissione Cultura del Comune di Bione, in collaborazione con l’assessorato alla cultura e la Biblioteca Comunale.

Protagonista della serata è stato Daniele Bonetti, bionese doc (insomma, la mamma è di Preseglie ndd.), con la sua tesi di laurea triennale che prevedeva proprio un progetto architettonico per il Piano di Lo’, verdeggiante altopiano caro ai bionesi e a molti.
Oggi Daniele sta intraprendendo l’ultimo anno della Laurea Magistrale in progettazione architettonica, sempre al Politecnico di Milano. 

Quello di Daniele è stato un lavoro di ricerca e progettazione: il focus è stato posto sui concetti di tensione tra uomo e ambiente, sulla conservazione della memoria, sul recupero dell’antico rapporto dell’uomo col territorio.

Il tutto prendendo il via da una ricostruzione ideale
del paesaggio non antropizzato: l’idea è quella di ripartire dall’inizio, dallo stato di natura primitiva, per capire cosa ci fa appartenere ad un luogo e per riscoprire le proprie origini: infatti, il paesaggio del Piano di Lo’, che sembrerebbe naturale, ha subito un processo antropico, dove quasi sicuramente la radura doveva essere un bosco, volto alla sussistenza dell’uomo, con gli alberi tagliati per farne del carbone.

Da qui si capisce il fulcro del rapporto tra uomo e natura: i due sono strettamente legati dalla necessità di sopravvivere del primo.
Infatti, gesti umani come l’includere le risorse, il trasformarle, l’organizzarle, si traducono nelle attività ancestrali di caccia, pesca, agricoltura e costruzione di nuovi insediamenti.

Qui entra in gioco l’architettura: l’uomo fa degli insediamenti secondo i propri fabbisogni, ma realizzandoli riutilizzando e riadattando ciò che la natura, ciò che l’ambiente che lo circonda gli offre.

Da queste premesse
, unite a un sentimento personale dell’autore che non vede sul proprio territorio un luogo per la conservazione della memoria identitario per tutta la comunità, se non in sporadiche testimonianze disseminate sul territorio, nasce questo progetto.

Un luogo quindi dove conservare la memoria, dove assimilare l’identità comune e dove recuperare il rapporto con la Natura.
Daniele ha identificato questo luogo nel Piano di Lo’ e qui realizzare il suo progetto con una duplice funzione: quella di museo, per la memoria e l’identità, e quella di laboratorio di cucina, per recuperare il rapporto con la Madre Terra.  

Archiettonicamente l’idea è quella di un monolite, ancorato al suolo, che, debitamente scolpito, si trasforma in una sorta di piramide egizia, con un ingresso sotterraneo come nelle tombe a tholos greche, quasi a ricalcare la sacralità di questi luoghi.
Sacralità che ricorre anche nella simbologia pregnante di questa architettura, cioè quella del fuoco: infatti la forma ricorda il “Poiàt”, la pira di legna ricoperta di terra, utilizzata per produrre anticamente, ed ancora oggi, il carbone di legna.

Ed è proprio nel cuore del poiat,
così come nel cuore di questo edificio, che si concentra l’azione del fuoco: al centro infatti sono posizionati i fornelli e la zona della cucina, dove verrebbero poi trasformati i prodotti raccolti in natura e protagonisti del Laboratorio di Cucina.

Altro luogo importante, sempre nel cuore della piramide-poiat, è quello dell’installazione museale: pensato proprio all’ingresso, per accogliere i visitatori, è immaginato come un pannello multimediale dove scorrere la storia di Bione e scandagliarne l’identità.
Il luogo dell’ “Ibernazione della memoria” e non a caso, sul retro, troverebbero spazio le celle frigorifere per la conservazione delle materie prime da trasformare in cucina.

Un progetto avveneristico,
che ha trovato il favore della maggior parte dei presenti che, potremmo dire, hanno visto “accendere” in loro viva passione più per la tematica di fondo, quella della memoria e dell’identità, che forse per l’architettura in sè.

Anche se qualcuno, scettico, si chiede se, per conservare la storia e l’identità bionese, non sia più importante conservare, tutelare ed attenzionare ciò che il territorio già offre e già vede, in situazione di precaria stabilità, presente su di esso.

Un dubbio al quale Daniele Bonetti risponde dicendo che la sua opera avrebbe senso solo se, tutelato ciò che già il territorio offre, i bionesi vedrebbero riconosciuta in essa il ruolo di memore e orgogliosa conservazione dell’identità patria.
 
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