Addestramento abusivo, quali sanzioni?
di Filippo Grumi

Ci scrive Filippo Grumi, appassionato cacciatore, svelando una tematica "calda" per il mondo venatorio: l'addestramento dei cani, quando questo viene eseguito in luoghi e tempi non idonei. Giusto aumentare le sanzioni? 


Il re è nudo.
Utilizzo questo riferimento alla fiaba di Andersen “Gli abiti nuovi dell’imperatore” per parlare di quanto successo pochi giorni fa all’interno dell’Ambito Territoriale Unico di Brescia.

Finalmente la questione che è sotto gli occhi di tutti, impossibile non leggere i numerosi articoli di giornale (ultimo quello di settimana scorsa che riporta quanto successo a Ome, in questo caso si tratta di “mute” ovvero un gruppo di segugi) che durante tutto l’anno riportano situazioni di addestramento cani da caccia in periodi e zone non consentite, ha trovato sbocco nelle sedi opportune.

In alcune situazioni particolari, per periodi e posti, si è giunti ormai all’esasperazione con frequenti “scontri” tra residenti, turisti o semplici frequentatori del bosco e dei nostri monti con i proprietari/conduttori di questi cani che scorrazzano inseguendo lepri o cinghiali però in periodo non consentito per questa attività.
Credo che molti dei lettori a questo punto stiano pensando che basterebbe chiamare ad intervenire “le guardie” e sanzionare questi comportamenti per arginare il problema se non addirittura risolverlo del tutto.

Giusto.. se non fosse che
la sanzione per addestramento cani in periodo non consentito è pari a 30 euro e considerato che le “squadre” sono composte anche da più di 10/15 persone allora capirete che una sanzione del genere risulta del tutto indifferente per chi venisse sanzionato, sfortuna sua, visto che la presenza della vigilanza (sia statale che volontaria) nel periodo non venatorio è praticamente assente.
Inoltre, la continua presenza sul territorio di queste situazioni comporta anche, o meglio, contribuisce molto ad impedire il proliferare e crescere della selvaggina (che si tratti di lepri o fagiani poco importa) soprattutto quando questa attività illegale viene svolta nel periodo di riproduzione o poco dopo.

Consideri il lettore che
l’Ambito Territoriale di Caccia, che si finanzia con i soldi dei soli cacciatori, spende ogni anno ingenti risorse per il ripopolamento della selvaggina (lepri, starne, fagiani) e quindi ogni attività che comprometta il buon esito dei “ripopolamenti” viene mal vista dalla stragrande maggioranza dei cacciatori onesti (che sono la maggioranza tra i “segugisti” e “quelli con il cane da penna”) che addestrano i propri ausiliari nei tempi e nei modi consentiti presso le numerose zone presenti sul territorio e che vorrebbero vedere anche i frutti del lavoro fatto e di quanto immesso sul territorio che spesso, come quest’anno, risulta invece un deserto.

Quindi, dicevo, qualcuno ha finalmente visto che il re è nudo e ha proposto di sondare la possibilità di modificare il tipo di sanzione prevista per chi viene “preso” a fare addestramento cani illegalmente con lo scopo di ottenere una sanzione aggiuntiva che arrivi alla sospensione del tesserino venatorio (ovvero impedire di andare a caccia ) per almeno 15 giorni e, suggerirei io, anche l’aumento della sanzione pecuniaria almeno di 10 volte, per ogni cane che si sta allenando, almeno come deterrente dovrebbe funzionare.

La proposta fatta dal rappresentante della F.I.D.C., la maggiore delle associazioni dei cacciatori della provincia di Brescia ha, come era facile prevedere, scatenato subito le reazioni di chi ha sempre beneficiato di questa situazione e vede compromesso un suo “diritto acquisito”.
Appena la proposta è stata resa pubblica sui vari social, (una proposta, nulla più) si è subito visto quanto l’argomento sia sentito dalla base dei cacciatori.

Netta la divisione, da una parte tantissimi “era ora, basta al far west” dei cacciatori e cinofili onesti mentre dall’altra parte si è arrivati addirittura a vedere nell’eventuale sanzione aggiuntiva una limitazione della libertà personale, un attacco alla cinofilia ed una mancanza di rispetto al mondo dei “soli” segugisti, dimenticando che si tratta di una sanzione per un comportamento illegale riferito a tutti e senza distinzione per razza di cani o tipologia di caccia.

Questa levata di scudi a difesa dello status quo deve essere stata abbastanza pressante se già a poche ore dalla riunione in A.T.C. girava su vari profili facebook una lettera del Presidente Provinciale della F.I.D.C. dove tale proposta veniva derubricata a livello di “provocazione” anche se però nella stessa viene ribadito che l’argomento dell’addestramento selvaggio è un problema che dovrà essere affrontato nelle opportune sedi. 

In pratica, visto il putiferio sollevato, sembra si stia tentando di rimandare ogni decisione sull’argomento con la speranza che tutto finisca, come al solito, nel cassetto delle tante cose da fare per migliorare la caccia nel bresciano che non vedranno mai più la luce, con buona pace di tutti.
Questa e molte altre cose sarebbero da fare in tempi rapidi, ma - come questa piccola situazione ha evidenziato - è meglio non affrontare certi argomenti perché costano in termini di “tessere” e di tranquillità dei componenti dell’A.T.C. nonchè dei dirigenti delle varie associazioni venatorie che, magari, nemmeno vanno a caccia in provincia di Brescia perché frequentano le provincie limitrofe oppure qualche paradiso venatorio all’estero.

Meglio continuare ad inseguire peppole e fringuelli in Europa e continuare a fare paragoni con i cugini d’oltralpe per non far capire al cacciatore bresciano che ci sono regioni in Italia in cui si cacciano specie che noi dobbiamo solo stare a guardare e anche per periodi più lunghi dei nostri.

Finito queste amare considerazioni approfitto dello spazio concesso per augurare buona fortuna a tutti gli appassionati seguaci di Diana che il 18 settembre vedranno l’alba di una nuova stagione di caccia.

Filippo Grumi
 
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