Il bancone della Fiorina
di Ubaldo Vallini

Da un paesino della Valle Sabbia fino a Vienna, alla “corte” dell’Onu. E’ la storia di un mobile costruito nella prima metà degli anni Cinquanta del secolo scorso a Provaglio Valsabbia da un umile falegname, tal Francesco Ghidinelli


Di fattura semplice, in legno d’abete, quello che originariamente era stato un bancone da bar possiede però per alcuni particolati costruttivi e soprattutto per i segni accumulati nel tempo, un “portamento” tale che lo rende una piccola opera d’arte, capace di far rimanere estasiati gli intenditori.

Un mobile che parla, insomma.
La sua storia è stata ricostruita anche grazie ad Aurelio Marchesi, oggi 93 enne, fra coloro che l’hanno recentemente restaurato.

Ma andiamo con ordine.
La prima ad utilizzarlo nella bottega che apriva sulla Provinciale a Cedessano, frazione di Provaglio Valsabbia, è stata la Fiorina, moglie del Ghidinelli: vendeva articoli da merceria, dolciumi, dispensava il gelato artigianale fatto col latte munto dalle vacche di famiglia.
Una fessura nel “nostro” bancone, ancora ben visibile, serviva a far scivolare velocemente il contante direttamente nel cassetto.

Dopo decenni di onorato servizio, il “nostro”, avrebbe probabilmente finito i suoi giorni in un caminetto se il figlio di Fiorina e Francesco, che si chiama Edoardo, per far posto nello scantinato dov’era relegato da tempo, non l’avesse regalato all’affittuario Giuseppe Pezzottini, di Barghe, che ha condotto l’esercizio commerciale per una dozzina d’anni.

Giuseppe, appassionato di restauri, se n’è subito innamorato.
L’ha tirato fuori dal suo laboratorio quando, terminata l’esperienza di bottegaio e avviata quella d’autista di autobus, ha deciso di farlo vedere al fratello del suo datore di lavoro, Francesco Pellegrini, con negozi di mobili d’epoca sul Garda.

L’intenditore non se l’è lasciato scappare: consolidato e restaurato con sapienza dal Pezzottini e dall’ultranovantenne Marchesi, verniciato ad acqua lasciando intatti i segni del tempo - compresi un gran numero di pallini di piombo conficcati nel fianco del mobile con una carabina dal vecchio proprietario, il mobile è così finito nella vetrina sul Benaco.

Lì l’hanno “scoperto” e se ne sono invaghiti due siciliani
, marito e moglie che di cognome fanno Bassi, che vivono a Vienna lavorando per l’Onu dopo aver trascorso 22 anni in Nuova Zelanda.

L’epilogo venerdì scorso – per il momento - con l’autista/restauratore Giovanni Pezzottini, al quale i fratelli Pellegrini hanno affidato un furgone ed il mobile, che si è trovato a recapitare personalmente il bancone a Vienna, direttamente nelle mani dei due diplomatici.
Da sabato dunque il mobile del Ghidinelli racconta la sua storia da un lussuoso palazzo vienesse, con vista su tutta la città.

.in foto: Aurelio Marchesi accanto al mobile. Durante il restauro: la fessura sul bancone, un cassetto, ancora con Marchesi.

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