Ricordando El Alamein
di Cesare Fumana

Un incontro fra due reduci della seconda guerra mondiale, entrambi sopravvissuti alla cruenta battaglia di El Alamein, si è tenuto domenica scorsa a Gavardo con la complicità del nipote sindaco di uno dei due


Un incontro fortuito propugnato dal nipote sindaco. È quello che ha visto protagonisti Orazio Bonvicini, classe 1921, di Gavardo, ultimo reduce gavardese vivente della seconda guerra mondiale, e Battista Alberti, classe 1920, residente a Buffalora, Brescia.

Entrambi hanno combattuto la famosa battaglia di El Alamein: Bonvicini come carrista della divisione Ariete, Alberti fra i Fanti.

A favorire l’incontro il nipote del reduce gavardese, Paolo Bonvicini, attuale sindaco di Serle.

«Ho conosciuto il signor Battista Alberti all’Adunata nazionale dei Fanti a Brescia – racconta il primo cittadino di Serle - e poi l’ho rincontrato domenica scorsa a Serle in occasione del raduno della locale sezione dei Fanti. Battista è molto amico della sezione serlese e quando gli è possibile partecipa volentieri alle manifestazioni del nostro sodalizio. Già a Brescia mi disse che era un reduce di El Alamein, così gli risposi che anche mio nonno, ancora vivente, ha combattuto a El Alamein. Fu contento e sorpreso di ciò e mi disse emozionato di salutarlo “col cuore”».

«Domenica scorsa, quando mi ha rivisto, si è subito ricordato di mio nonno, e mi ha chiesto di salutarglielo. A quel punto ho pensato che avrebbe potuto farlo di persona: così gli ho proposto che dopo il pranzo avremmo potuto passare a trovare mio nonno a Gavardo. Entusiasta ha accettato».

Nel tardo pomeriggio di domenica scorsa, quindi, Paolo Bonvicini ha accompagnato il signor Alberti a casa del nonno a Gavardo.

Appena entrati, i due reduci hanno iniziato a rievocare degli episodi, delle date e delle riflessioni ancora molto vivi e lucidi nella memoria, nonostante l’età avanzata di entrambi.

Nonno Orazio ha raccontato di come è riuscito a salvarsi: «Subito dopo l’inizio del combattimento il carro-armato ha avuto dei problemi meccanici ed ha smesso di funzionare, così sono salito sopra l’albero di trasmissione. Tutti gli altri quattro miei compagni sono rimasti dentro, io sono saltato fuori ma gli altri 4 sono tutti morti, bruciati vivi nel carro armato esploso…», ha ricordato con rabbia e desolazione.

Nella spalla ha ancora una scheggia di metallo di quell’esplosione. Una volta fuori è stato catturato dagli inglesi ed è rimasto prigioniero per diverso tempo. Poi è stato impiegato come autista di pullman e lavorato per i servizi segreti.  

Alberti ha ricordato la presa di Tobruk
del 21 giugno ’43, nella prima battaglia dove fecero 32.000 prigionieri: «Il 29 arrivammo poi a Marsa Matrouh…».

Il 23 ottobre ricorda l’inizio della seconda battaglia di El Alamein: «Impressionante l’avanzata avversaria: ricordo ancora il rumore dei cingoli che avanzavano; ci furono 40.000 morti in 10 giorni!».

Alla mente, poi, sono riaffiorate le precarie condizioni di vita di quei giorni: pochissima acqua, la non possibilità di lavarsi, pulci e zanzare ovunque.

Non sono mancate poi riflessioni e commenti sui protagonisti dell’epoca: Montgomery, Rommel e Mussolini. Orazio su Mussolini: “Un pazzo – è il giudizio espresso ancora con rabbia dal reduce gavardese –: non avevamo niente, si viveva nella miseria e ci ha mandato nel deserto con mezzi che non valevano niente rispetto a quelli avversari, dove pensava di andare?».

Fra un ricordo e l’altro si è fatto tardi ed è venuta l’ora per Alberti di fare ritorno a casa a Buffalora: «Sono contento! Siamo rimasti in pochi! A Brescia all’adunata nazionale c’erano 10.000 fanti ma non c’era nessuno che è stato a El Alamein, mi è toccato venire qui per trovarne uno», ride contento.

Soddisfatto dell’incontro anche il reduce gavardese che ha potuto ritornare con la mente a quando aveva poco più di vent’anni, la stessa età del nipote sindaco.

In foto i due reduci di El Alamein: Orazio Bonvicini (a sinistra con la camicia a quadri) e Battista Alberti

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