Verità e giustizia
di Leretico

Senza verità non può esserci giustizia. Già, la verità, ma quale?
Da Regeni agli antichi Greci e ritorno



Ho ascoltato recentemente la conferenza stampa della mamma di Giulio Regeni, il ragazzo torturato e ucciso in Egitto.
Al termine dello straziante racconto delle condizioni in cui versava il corpo del giovane, abbandonato come un cencio al lato di una strada, la mamma ha chiesto per il figlio verità e giustizia. Renzi, sull'onda emotiva che montava, ha più volte affermato in questi giorni che l'Italia si fermerà, nella sua azione contro l'Egitto, solo di fronte alla verità.

Altri casi nelle ultime settimane hanno scosso le coscienze degli italiani: il delitto Varani a Roma in cui un giovane ha perso la vita per le coltellate e martellate ricevute da alcuni amici dalla dubbia identità sessuale che lo avevano invitato ad una festa-trappola. Alle domande dei giornalisti i parenti di Varani hanno risposto chiedendo verità e giustizia per il proprio congiunto.

L'altro caso, non meno devastante di quelli appena sopra menzionati, è quello dei tecnici Italiani Fausto Piano e Salvatore Failla, sequestrati in Libia alcuni mesi fa e morti a colpi di fucile mitragliatore durante un presunto tentativo di liberazione andato a finire male.
La moglie di Failla in una dichiarazione alle televisioni nazionali ha chiesto verità e giustizia per suo marito, innocente morto in un paese straniero dove era andato per lavoro.

Per queste persone, come per il senso comune in genere, la giustizia è legata indissolubilmente alla verità tanto che non può esserci l'una senza l'altra. Per queste donne addolorate non può esistere pace senza conoscenza della verità.
La verità è loro necessaria per dare senso agli eventi, per dare fondamento ad un possibile futuro in cui sopravvivere.

E la giustizia a sua volta è necessaria per riportare ordine in ciò che è stato dilaniato, distrutto, ucciso. Tale ordine non si può ottenere se il procedere al suo ripristino non deriva dalla verità. Il bene a cui la giustizia deve tendere non può essere ottenuto senza verità.

A questo punto cambiamo momentaneamente il piano del discorso: pensiamo a quelle notizie di cronaca che raccontano di un fatto, di un evento. Spesso ci ritroviamo a leggere di accadimenti a cui anche noi abbiamo assistito e notiamo impressionati quanto diverso sia ciò che leggiamo da ciò che conosciamo e ricordiamo.

A volte l'età del protagonista di una notizia varia, nelle opinioni giornalistiche, mediamente di 5 anni intorno alla sua età reale, per non parlare del numero di partecipanti ad una manifestazione, ad un corteo: migliaia per alcuni, centinaia di migliaia per altri. In questi casi ci chiediamo sempre, vista la difformità nei racconti, come ciò sia possibile.

Se poi ci si recasse in una piazza e si chiedesse banalmente al primo passante cosa pensi di questa differenza di opinioni, risponderebbe candidamente che le verità sono mille, ognuno possiede la propria.
Come notiamo l'atteggiamento delle persone nei due piani sopra indicati è completamente diverso, nonostante sia sempre questione di verità.

Finché si tratta di fatti considerati lontani, innocui, si rimane possibilisti, relativisti.
Quando invece la morte e la tragedia ci toccano da vicino, quando la violenza degli eventi stravolge profondamente e orribilmente il nostro vivere, ecco che sentiamo veemente il bisogno di conoscere la verità, desideriamo ardentemente giustizia.

Il terrore, l'angoscia generata dall'imprevedibile che colpisce vittime innocenti, e che potrebbe colpire chiunque, si espande in onde concentriche nella società, la quale si riscopre indifesa da un lato e disgustata dall'altro.
Emerge che la verità ricercata dagli offesi, voluta dai parenti delle vittime per farne conseguire giustizia, è in contraddizione con quella normalmente accettata dal senso comune e puntualmente offerta dai media, da chi governa quei media, da chi ha da perdere o da guadagnare fornendo una versione, piuttosto che un'altra.

Alla volontà di conoscere come sono andate le cose
viene opposta un'altra volontà, quella di non farle conoscere. Al valore della vita creduta diritto naturale inviolabile viene contrapposto, con le parole della politica, un diritto che trova fondamento in sé stesso; ad una fede giusnaturalistica viene contrapposta una fede positivistica.

Ma ecco l'elemento sorprendente: se entrambe sono fedi, se entrambi sono modi di espressione della volontà, benché contrapposti, allora la verità sarebbe risultato di volontà in conflitto. Se così fosse non potrebbe mai esserci una giustizia conseguente.
La giustizia non può derivare dalla vittoria di una volontà rispetto alla sconfitta di un'altra volontà, non può essere espressione di una parte che riesce a prevalere su un'altra.

Se vogliamo approfondire consideriamo questa situazione: trovandoci seduti ad una tavola imbandita, se guardassimo frontalmente una bottiglia di vino posta al centro della tavola, ne potremmo vedere l'etichetta anteriore mentre un nostro interlocutore, seduto di fronte a noi oltre la bottiglia, ne vedrebbe l'etichetta posteriore.
Né noi né il nostro interlocutore potremmo mai dire di conoscere la verità di quella bottiglia, perché ciascuno vedrebbe solo una parte, chiamandola immanente e relegando ciò che non si vede al trascendente. La verità dunque riguarda il tutto, non una parte, riguarda la bottiglia nella sua totalità non la sua parte frontale o posteriore, seppur magnificamente decorate.

Sulla scorta di ciò, torniamo a Renzi
e alle sue affermazioni di volere dall'Egitto la verità "vera".
A parte la banalità di pretendere una verità "vera" che significa presupporre che ci possa essere una verità "falsa", cosa impossibile, Renzi parla in questo modo perché sa perfettamente che così come la storia è scritta dai vincitori, così la verità che offrirà alla mamma di Giulio Regeni o alla moglie di Salvatore Failla, sarà un racconto elaborato, scelto, mediato e meditato in ragione delle forze in campo. Userà il linguaggio della politica, quel diritto che già Natalino Irti definì "senza verità", per affermare una tesi che non avrà nulla a che fare con la verità ma con la forza di chi la enuncerà.

Il dramma dei parenti che chiedono giustizia è tutto qui: pur anelandole, mai avranno verità, mai avranno giustizia.
Ma allora esiste la verità? Dai Greci in poi la verità gode della caratteristica dell'incontrovertibile: come stanno le cose e non potrebbero stare altrimenti, ciò che resiste a qualsiasi negazione, ciò che rende ogni tentativo di negazione una auto-negazione. Dunque esiste e dipende dalla sua capacità di superare ogni volontà, ogni fede che si frappone ad essa intendendo esautorarla. Non dobbiamo disperare dunque, ma nemmeno accontentarci. La verità esiste e può essere terribile, ci lascia tracce per farsi riconoscere: a noi capire, a noi usare la ragione per sapere come stanno le cose.

Leretico
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