Un sogno per Sabbio Chiese
di Alfredo Bonomi

L'ultima, in ordine di tempo, delle "briciole" di Alfredo Bonomi riguarda la "Settimana dell'ingegno creativo". Si tratta di un'idea/sogno che ben si addice alla realtà storico culturale di Sabbio Chiese



Ottavio Rossi scrivendo di Sabbio nel 1616 così si espresse: «Sabbio è pieno di huomini sottilissimi, i quali han per propria e connatural professione il mestier delle stamperie de libri, nel cui esercitio s’impiegano da putti piccoli, et se ne trovano ancor fuori d’Italia, i quali eccellentemente praticando ogni lingua, et ogni natione, si fanno celebri e cari a tutti i letterati del Mondo».
È un eloquente passo che ben tratteggia un periodo della storia del paese, quella che va dai primi anni del 1500 sino alla peste del 1630 e che si identifica con le vicende degli stampatori, che hanno portato la loro capacità pratica ed il loro ingegno in molte città d’Italia ed in parecchie in Europa.

È stato un fenomeno straordinario che ha interessato molte famiglie sabbiensi, una sorta di “fucina collettiva delle abilità e del pensiero” che probabilmente ha pure il merito di aver portato “l’arte della stampa” nel Nuovo Mondo perché, secondo il parere della robusta competenza storica di Don Antonio Fappani, quel Giovanni Paoli che gestì la prima stamperia a Città del Messico, era di famiglia di Sabbio. In effetti ancora nel 1720, secondo l’“Estimo” di tale data, a Sabbio era presente il cognome “De Paoli”.

Per quasi due secoli Sabbio è stata una fertile terra di ingegni e di intraprendenza intellettuale.
Successivamente, a partire dalla metà del 1600, la situazione è mutata e di quel periodo florido di iniziative con un “marchio di qualità” portato, con coraggio, competenza ed intraprendenza, in parecchie città, è rimasto solo il ricordo.

Il paese ha poi affrontato un periodo sostanzialmente più povero di iniziative, pur rimanendo un notevole borgo della “Magnifica Patria” di Salò, ben radicato nelle proprie tradizioni, con una “vita civica” decorosa e gelosa delle competenze della vicinia e del comune.

Con il crollo della Repubblica Veneta nel 1797 ed il passaggio del paese dall’influenza salodiana a quella valligiana, quel suo ruolo “appartato” si è ulteriormente manifestato. Amministrativamente per tutto il corso dell’ 800 e per i primi cinquant’ anni del 1900 è stato condizionato dall’emergere prima di Preseglie e poi di Vestone, quale “piccola capitale” della Vallesabbia.
Economicamente il suo ruolo è stato condizionato dal sorgere della grande industria siderurgica a Vobarno e dal dinamismo di Odolo, diventato, dopo la prima metà del ‘900, una delle capitali italiane del “tondino per costruzioni”.
Questo per quanto riguarda il passato più lontano e più recente.

Ora la situazione è profondamente mutata e quello che prima poteva essere visto come un limite oggi dovrebbe essere letto come un punto di forza.
La posizione geografica di Sabbio è invidiabile perché il paese è ubicato al centro della Valle in uno snodo viario importante.
Il territorio comunale non è stato interessato da concentrazioni industriali pesanti e si presenta gradevole, quasi un’oasi abitativa ideale, a poca distanza dal cuore pulsante dell’industria valligiana.

Il centro storico mantiene una sua rilevanza, nonostante alcune discutibili ristrutturazioni.
È una delle “cartoline” più belle della Valle Sabbia.
La poetica trasparenza dell’acqua del Chiese e della Vrenda, con i due robusti ponti che sembrano guardarsi e colloquiare, le antiche case-Torri che si specchiano nelle acque con il “dominio” dell’austera rupe della Rocca e la snella architettura svettante del santuario, compongono uno degli scenari più rilevanti della provincia.

Il paese, grazie a parecchie iniziative, si è oggi conquistato un ruolo culturale non solo valligiano, perché le “mostre in Rocca”, il richiamo delle feste decennali, hanno consolidato una nuova immagine di Sabbio oltre gli orizzonti della Valle Sabbia.
A ben vedere questa immagine è nuova se rapportata al tempo odierno, ma è antica se si considera che riprende proprio l’“anima culturale” che il paese aveva già nel 1500, quando i suoi “pellegrini della cultura della carta stampata” da Venezia si portavano fuori dall’ Italia, a Basilea, a Lione, a Salamanca, a Lisbona, solo per limitarsi ad alcune tappe.

Perché allora non consolidare ulteriormente questo ruolo riannodando i fili dell’ingegno e della creatività promuovendo ogni anno la “settimana dell’ingegno creativo” con l’intento di coniugare il bello con il valore economico?   
È un sogno che può sembrare azzardato, ma, a ben riflettere, è l’occasione più concreta per dar corpo al ruolo del paese come centro di attività volte al servizio del benessere dei cittadini.

Il “sogno” dovrebbe avere come fulcro il centro storico (è già un anello viario che si snoda ai piedi della Rocca con vie in buona parte delimitate dallo scorrere delle acque del Chiese e della Vrenda) che potrebbe diventare per un periodo definito (una settimana) la “vetrina dell’ingegno creativo”.

Una sorta di mostra mercato che veda le vie del paese divise in settori espositivi per ospitare una rassegna di antiquariato (in considerazione che il paese ha antiquari di livello nazionale), una esposizione di artigianato locale, il “mercato” dei libri antichi in ricordo di una tradizione invidiata da molti e unica in provincia di Brescia per il numero di stampatori che qui hanno avuto le loro origini, mostre di pittura, compresi i lavori dei gruppi locali intelligentemente attivi in questo settore, senza scordare anche l’apporto della fotografia. Il tutto senza dimenticarsi dei diletti del palato con la cucina tipica ed i prodotti della Valle che si stanno sempre più qualificando.

È un disegno organico che attende di passare dall’idea alla concretizzazione, cosa che può avvenire.
È un’ambizione legittima che andrebbe ad innestarsi su una tradizione rafforzata da una situazione ottimale da valutare nella sua positività.
Sarebbe inoltre il modo più intelligente e concreto per consolidare l’immagine del paese chiamando a sintesi l’intelligenza.
Per concludere, non si tratta di una provocazione, ma di un disegno che può portare anche vantaggi economici (in una cornice economica innovativa già sperimentata in altre parti d’Italia) facendo di Sabbio un richiamo culturale permanente per la Valle e per la provincia.
I presupposti ci sono tutti per tentare questa impresa.

Aprile 2016
Alfredo Bonomi

PS - Io uso spesso il nome “Sabbio” anziché Sabbio Chiese perché è la dizione che si trova in tutti i documenti antichi.

.La foto «Rocca di Sabbio» è di Andrea Tiboni ed è stata pubblicata sulla copertina del volume "Briciole di Cultura" di Alfredo Bonomi, edizioni Valle Sabbia


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