I mestieri di una volta
di Tatiana Mora

La Valsabbia è da sempre conosciuta come una valle abitata da grandi lavoratori; fin dall'alba dei tempi, infatti, vanta tradizioni nel campo della lavorazione del ferro, del carbone e, nella sua parte più bassa, persino della lana e del cotone


C'è un vero e proprio «alone sacrale che circonda el laurà. Non il lavoro, un rapporto contrattuale soggetto a risoluzioni e conflittualità, bensì el laurà. Espressione totalizzante e materica, atavica e schietta.

E, soprattutto, niente a che vedere con laùr. Quella sorta di passepartout linguistico che soccorre generosamente gli intoppi di scioltezza dialettica. Quell'attrezzo multiuso che offre un'indecifrabile ma percepibilissima, allusione ad ascoltatori egualmente a corto di risorse lessicali».

Non a caso, infatti, la parola chiave dei mestieri svolti su tutto il territorio valsabbino è fatica dal momento che, di qualsiasi lavoro si parli (dall'operaio al carbonaio, dall'addetta al filatoio alla confezionatrice di calze), si tratta di un'attività che richiedeva enorme sacrificio, costanza e sforzo fisico.

Se consideriamo anche che non esistevano automobili e i mezzi pubblici, se c'erano, non arrivavano a toccare tutti i paesi e quindi bisognava recarsi a piedi sul luogo di lavoro, capiamo che la situazione non era poi così rosea.

Nelle prossime settimane prenderemo in considerazione singolarmente i mestieri più diffusi al tempo dei nostri nonni, per conoscere più a fondo in che modo ci si guadagnasse da vivere.

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