Nikolajewka, sacrario degli Alpini
di Cesare Fumana

Si terrà questo sabato, 23 gennaio, a Brescia, la commemorazione della Battaglia di Nikolajewka, l’ultimo eroico sacrificio delle Penne nere durante la ritirata di Russia nella Seconda guerra mondiale


Anche le rappresentanze dei gruppi alpini Valsabbini e della Sezione Ana “Monte Suello” di Salò saranno presenti questo sabato a Brescia per il 73° anniversario della Battaglia di Nikolajewka.
È un appuntamento molto sentito dalle Penne nere bresciane, valsabbine in particolare, perché molti dei protagonisti dell’epopea russa della Seconda guerra mondiale erano arruolati nei battaglioni “Vestone” e “Val Chiese” della Divisione “Tridentina”.

In particolare, i due battaglioni valsabbini, si alternarono alla testa della colonna in ritirata durante i ripiegamento dal fronte sul Don.

Dopo 9 giorni di marcia e 25 battaglie di sfondamento e retroguardia, gli Alpini giunsero il 26 gennaio 1943 all’appuntamento finale: lo sbarramento russo di Nikolajewka. I 13.420 uomini rimasti del Corpo d’Armata Alpino – erano più di 60.000 dieci giorni prima – espugnarono, a colpi di fucile e bombe a mano, il paese di Nikolajewka. Le forze sovietiche vennero sopraffatte dagli alpini della “Tridentina”, comandati dal loro eroico comandante, il generale Reverberi, che li trascinò all’attacco delle postazioni russe al grido di “Tridentina avanti!”. Come una valanga, gli Alpini travolsero la resistenza sovietica, ma il prezzo pagato fu enorme: migliaia di soldati italiani restarono sul campo di battaglia.

Tra i reduci di Nikolajewka figurano numerosi bresciani arruolati nei Battaglioni “Vestone” e “Val Chiese”, “Edolo” e “Valcamonica” della Divisione “Tridentina”. Alcuni di loro sono autori di diari, spesso rielaborati nel dopoguerra, utili per comprendere dei sentimenti dei soldati e del tenace spirito di corpo, con la rivelazione di solidarietà commoventi.

Lo storico militare Giorgio Rochat sostiene che la memoria della campagna di Russia abbia prodotto «i più bei libri della guerra italiana, perché negli autori vive ancora la lealtà verso i compagni portati fuori dalla sacca o lasciati sotto la neve».

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