Soccorsa a 130 metri di profondità
di Ubaldo Vallini

Gran lavoro nella notte per soccorrere la speleologa bresciana di 37 anni rimasta bloccata in grotta a Serle.
Aggiornamento domenica ore 8: finito l'incubo



Si trovavano a 130 metri dall’entrata e stavano scendendo ancora, quando è accaduto quello che non dovrebbe mai accadere, se si penetra nelle profondità della terra: un grosso sasso si è staccato dalla parete e l’ha colpita alla gamba sinistra, poco sopra il ginocchio.
Un dolore lancinante e da quel momento non è stata più in grado di proseguire, ma quel che è peggio, neppure di tornare indietro.

L’infortunata si chiama Elena Cò, 37enne bresciana che ne pomeriggio di ieri si è infilata insieme a un paio di amici, un’altra donna ed un uomo, anche loro bresciani, nella “Büsa tra le Taere de le Vai Surde”, che si trova nel vasto comprensorio delle cavità che serpeggiano per chilometri sotto l’altopiano di Cariadeghe, a Serle.

Una grotta classificata dagli speleologi col numero “223 Lo-BS”
, nemmeno una delle più conosciute della zona.
I due speleologi rimasti sani sono riusciti ad issarla dal pozzo in cui si trovava per qualche metro, sistemandola in una cavità un poco più comoda e soprattutto asciutta.

Lui è poi uscito a cercare aiuto, lei le è rimasta accanto.
Gli ci sono voluti quaranta minuti buoni per tornare all’imbocco della grotta, poi altro tempo per raggiungere il bar più vicino, l’osteria Ruchi, che fa anche da posto telefonico pubblico per tutto l’altopiano di Cariadeghe, dove non funzionano i telefoni cellulari.

Erano le 19 quando è partito l’allarme.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Nuvolento, i Vigili del fuoco da Salò, alcuni tecnici del Soccorso alpino e il sindaco di Serle, Paolo Bonvicini. In seconda battuta hanno raggiunto Cariadeghe gli uomini del Sar da Brescia e poi anche da Bergamo, che hanno fatto base al “Ruchi”, e quelli delle squadre speleo del Soccorso Alpino con uno dei loro medici.

A quest’ultimo il compito di raggiungere per primo la donna infortunata e valutare quali sarebbero state le manovre corrette per tirarla fuori in sicurezza, ma anche in salute.

L’operazione vera e propria di recupero
della donna, con l’ingresso dei primi soccorritori in grotta, è cominciata dopo le 22.
Valutati i passaggi critici, fra i quali due pozzi uno di 10 e l’altro di 30 metri, poi alcune strozzature lungo il percorso, il tempo previsto per tirar fuori Elena dalla “Büsa” era di almeno cinque ore.
Salvo sorprese.

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Aggiornamento ore 8 Domenica

Alle 7:30 di questa mattina Elena Cò è stata consegnata ai volontari dell'ambulanza di Nuvolento che con l'autolettiga l'hanno ricoverata al Pronto soccorso di Gavardo per accertamenti.
Le sue condizioni di salute sono buone.

E finito così l'incubo durato tutta la notte.
Complesse le operazioni di recupero.
I soccorritori, fra i quali un paio di medici, hanno dovuto raggiungerle la donna, stabilizzarla e fissarla nella speciale barella che si utilizza in questi casi ed allestire speciali sistemi di recupero su corda che ne hanno poi permesso il trasporto fino alla superficie, sia sollevandola nei primi tratti verticali, sia lungo uno stretto meandro orizzontale lungo 120 metri.

A complicare le operazioni il forte stillicidio all'interno della grotta provocato dalle precipitazioni atmosferiche di questi giorni.
Le operazioni hanno impegnato a vario titolo una cinquantina di uomini.


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