Raccontar fiabe a Natale
di Giuseppe Maiolo

Ci sono verità e verità. Alcune si devono dire assolutamente, altre dovrebbero essere taciute perché il loro silenzio non fa male. Anzi aiuta


Così se un prete dice ai bambini che Babbo Natale non esiste, non crea loro un danno irreversibile ma, svelando prima del tempo il segreto, di certo non li fa sognare.
Mentre di sogni abbiamo bisogno in quanto, come diceva Shakespeare, siamo fatti della loro stessa natura, ovvero di quel tessuto vitale che ci serve per leggere la realtà e immaginare cosa ci sta dietro.

Non per nulla le storie che hanno sempre affollato la mente umana sono costruzioni fantastiche simili ai sogni notturni.
Le abbiamo chiamato fiabe quelle narrazioni magiche che da sempre parlano pressoché allo stesso modo e in ogni luogo, dell'avventura della vita e del mistero dell’esistenza.

Personaggi come Babbo Natale o gli eroi capaci di aiutare, sono protagonisti di tante avventure incredibili che servono a dare fiducia e credere di farcela.
Perché quando siamo in difficoltà perdiamo la sicurezza e la capacità di comprendere la realtà. I bambini, ancora privi di esperienza e di evoluti strumenti razionali, Hanno bisogno dell’immaginazione per dare un significato a ciò che vivono e alimentare la speranza.

Le fiabe, cioè le storie di magia che hanno sempre e solo come peculiarità il lieto fine, parlano ai piccoli con il linguaggio della fantasia che permette loro di pensare al futuro e realizzare il processo di crescita e di individuazione.
Agli adulti spetta il compito di usare queste narrazioni la cui struttura particolare utilizza la metafora, cioè il dire una cosa per significarne un’altra, per trasmettere come fanno i sogni il senso dell’esistenza.

Esse, come i sogni sono indispensabili
per far arrivare alla coscienza il mondo interno e al pari di essi anche le fiabe vanno lette a voce alta o raccontate perché queste storie non possono restare dentro.
Esse non insegnano nulla al bambino, non gli spiegano come e cosa fare quando ha un problema. Al contrario delle favole, non danno risposte, ma aiutano il bambino a cercare da solo quelle che gli servono.

Raccontargliele vuol dire permettere alla sua fantasia di volare alto e dare spazio, alle emozioni più sottili e difficili o ai sentimenti più ingombranti.
Significa consentire a chi le ascolta di riconoscere la paura o anche il terrore, perché da sempre le fiabe parlano di questi stati d’animo così intensi e spaventosi.

A Natale quindi non solo eviterei di dire la verità su Babbo Natale o sulla Befana, mentre invece non rinuncerei a raccontare ogni sera una fiaba. 
Racconterei sempre, durante tutto l'anno, una di quelle fiabe classiche che ciascuno di noi si porta dentro dall’infanzia. O cercherei una storia di incantesimi e magia, che se pure sembra terrorizzare, è preziosa per un bambino con la sua felice conclusione.

Perché, ricordiamoci, quello che fa la differenza delle fiabe da tutte le altre storie, anche di quelle costruite per aiutare il bambino a superare alcuni problemi, è l’happy end, la felice vittoria raggiunta grazie alla lotta e all’aiuto magari di un Babbo Nataledi turno  che soccorre e premia.

Nelle fiabe Infatti ciò che viene negato è la sconfitta o il fallimento totale.
Non perché non si possa perdere quanto perché il bambino ha bisogno di sapere che nella vita ci sono prove da superare dalle quali trarre forza e energia.
Il lieto fine è la meta di un percorso, il premio che giunge per essere stati capaci di credere e sperare. La fiducia è l’energia che serve per cercare una via d’uscita dal labirinto e superare l’incertezza della precarietà.

Giuseppe  Maiolo
www.officina-benessere.it

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