Natale, educare all'attesa
di Giuseppe Maiolo

Natale ormai è alle porte e già si respira l’aria della festa imminente che oltre alla valenza spirituale è, un po’ ovunque, sinonimo di regali


Festa dello spirito ma pure luccichio di pacchi e nastrini che hanno a che fare con un consumismo globale capace di coinvolgere tutti, grandi e piccini.

La corsa agli acquisti di questo tempo in parte sottolinea la consuetudine del dono natalizio da trovare come pensiero augurale nei confronti delle persone più care e per altri versi, rimarca la valenza consumistica del Natale che, secondo gli economisti, misura la ripresa economica che potrebbe intravvedersi dopo un lungo tempo di crisi.
Così in questi giorni tensione e ansia contagiano tutti e la frenesia del regalo da mettere sotto l’albero sembra contaminare ogni cosa.

Se è vero che la tradizione del dono portato al bambinello nella capanna cristiana affonda le radici nei lontani culti pagani al dio Sole quando era usanza il festeggiare l’avvento della nuova luce perché fonte di speranza, è altrettanto vero che nella lunga notte invernale cresce l’attesa del sole nascente e si forma il desiderio intenso di ricchezza e benessere.

E' appunto di questo che bisognerebbe tenere conto soprattutto con i bambini a cui in gran parte il Natale consumistico si rivolge.
A quei piccoli che stiamo facendo crescere senza desideri e con bisogni soddisfatti ancor prima di poterli avere.

Bambini che non sanno più attendere e via via stanno perdendo la capacità di giocare con la fantasia e l’immaginazione.
Bambini che non si meravigliano di nulla e giovani che non sono più in grado di provare emozioni.
Perché tutto viene fornito loro già pronto o precotto e tutto si materializza all’istante con un semplice click che concretizza un pensiero ancor prima di essere pensato.

Quando allora manca l’attesa e più ancora la sorpresa, ogni soddisfazione e ogni qualsivoglia dono si esaurisce in fretta o si dissolve d’un colpo senza lasciare alcuna traccia mnestica.
Una volta i bambini con l’approssimarsi delle festività preparavano una letterina per Babbo Natale o Gesù Bambino e, in un tempo più o meno lungo, immaginavano che la realizzazione fosse affidata non solo alla disponibilità di chi realizzava i sogni, ma soprattutto ai loro meriti.

Allora era dall’attesa e dall’incertezza che nasceva e si costruiva il pensiero del dono prima che si materializzasse davanti al presepe.
Ora in gran parte non è più così, perché non c’è più nulla da immaginare o da costruire dentro nelle pieghe della propria fantasia.

Se invece ripensassimo il Natale dei regali, quelli che a lungo sognati si scartano con meraviglia e sorpresa al risveglio dopo la  magica notte, se provassimo a ridare importanza al tempo che ci serve per sognare ciò che vorremmo, ci potrebbe essere per tutti, e in particolare per i più piccini, un’opportunità preziosa per far crescere la fantasia e il piacere della scoperta ma anche l’entusiasmo della speranza e la pazienza.

E potrebbe, quanto meno, servire a controbilanciare l’aspetto materialistico del dono ridimensionando la cultura dell’usa e getta che in questo tempo sincopato e frettoloso ha contaminato il nostro modo di pensare e fortemente ridotto l’energia del desiderio.

Giuseppe  Maiolo
www.officina-benessere.it

ZGenitoriEFigliPino.jpg