L'atto di coraggio di un cittadino volcianese
Dopo aver rovistato fra gli Atti Consiliari conservati nell’archivio storico comunale di Volciano, l'appassionato di storia locale Antonio Tantari ci racconta dell'atto di coraggio compiuto da un cittadino volcianese.

Sono le otto della sera del 17 febbraio 1893, Dolci Faustino figlio di Giuseppe e di Fucina Caterina, nato a Volciano l’11 giugno 1848, operaio nella ferriera Migliavacca di Vobarno, “di ritorno dal lavoro, abbandonando la via provinciale Tormini-Barghe alla Corona, s’avviava per la stradicciola della Gandina verso Gazzane ove egli ha la propria abitazione”.
Non sapeva che di lì a poco, per nobile impulso, metterà in serio pericolo la propria vita, compiendo un atto di coraggio per il quale meriterà di essere premiato.
“Fatti un centinaio di passi per detta stradicciola, cominciò ad udire voci disperate che chiamavano al soccorso. Seguendo l’intrapresa via, corse verso il luogo donde venivano le grida; e man mano che s’avanzava, sempre più s’accorgeva trattarsi di gente smarrita nel monte formante le ultime falde a sinistra della valle del Chiese, nelle vicinanze della Madonna del Brizzo”.

“Giunto nel luogo più vicino agli smarriti”, capì che quelle persone si trovavano sull’alto di un dirupo formato da una roccia tagliata a picco con un salto alto una cinquantina di metri.
“Guidato dalla pratica del sito e dal chiarore che gli somministravano alcuni mazzi di zolfanelli che per caso aveva in tasca, animosamente intraprese la salita, incoraggiando il suo compagno di lavoro e di viaggio, Madernini Bartolo di Angelo, a seguirlo”.
Dolci “girò il dirupo a sinistra, e tutto ansante e trafelato in pochi minuti ne raggiunse la sommità, avendo perduto il compagno a metà dell’impraticabile tragitto, avendogli questi dichiarato che non si sentiva il coraggio di procedere più oltre”.

Giunto sulla sommità del dirupo “vide colà sdraiato sulla ripidissima china del ciglio dello scoscendimento, un uomo al sicuro da ogni malanno finché si mantenesse fermo. Lasciatolo ove giaceva, rivolse le sue cure ad una giovane donna che disperatamente invocava aiuto”.
La ragazza “era penzoloni sull’abisso, aggrappata ad un cespuglio”.
“Per l’estrema ripidità della china, riusciva difficilissimo avvicinarsi. In vista dell’imminente pericolo corse un brivido per le ossa all’animoso Dolci, ma non si perdette d’animo, né lo trattenne il pensiero dei sei piccoli figlioli e della moglie” di cui era l’unico sostegno.

“Più in fretta che poté si avvicinò alla donna, e puntando i piedi in luogo il più possibilmente sicuro, e tenendosi ai cespugli con una mano”, con l’altra afferrò la giovane per un braccio e con uno sforzo supremo la tirò in alto “fuor di pericolo”.
“Aiutato poi anche l’uomo, li trasse in una bettola alla Madonna del Brizzo, portandovi la giovane che era svenuta. Testimoni a questo fatto furono il suddetto Madernini Bartolo di Angelo di qui, e Ravera Battista fu Stefano di Vobarno, nel frattempo sopraggiunto”.
Le persone tratte in salvo furono: Gaburri Francesco, muratore, di Preseglie, e sua figlia Maria di vent’anni.
Il 16 marzo dello stesso anno venne posto all’ordine del giorno della riunione della Giunta Municipale “l’accertamento di atto di coraggio compiuto dal Sig. Dolci Faustino, da meritarsi una ricompensa pubblica al valor civile”.
È questo un bell’esempio di altruismo e sprezzo del pericolo degno di essere ricordato a distanza di 118 anni.

Antonio Tantari
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