Il volo del cormorano
di Ezio Gamberini

Uno dei periodi più fecondi per la mia scrittura (ah,ah… se non conoscessi a fondo chi scrive, direi che l’incipit è quasi serio), è sicuramente coinciso con gli anni in cui praticai da dilettante podismo a livello agonistico, cioè dal 1999 al 2008...


In realtà i primi racconti li scrissi nel 1992 (si trattava de “Il Dandini” e “Signore del Muschio”, praticamente in contemporanea), e il motivo non è casuale.
In quell’anno nacque Chiara, la nostra ultimogenita, mentre Paolo e Anna avevano otto e cinque anni.

Due anni prima mi ero imbarcato nell’avventura amministrativa.
Insieme con altri due amici, con esperienze comuni trascorse per anni in oratorio, avevamo accettato la proposta di candidarci e fummo eletti consiglieri comunali (Fabrizio in seguito sarà più volte assessore e anche vice-sindaco, mentre per Pierenzo e il sottoscritto quella fu l’unica esperienza e nel 1995 non ci ricandidammo).

Io ero stato eletto capogruppo e per due anni passai più serate in Municipio che in casa: per il nuovo Statuto, il nuovo piano Regolatore, le commissioni, ecc.
Se a questo si aggiunge l’enorme fatica personale per sostenere la parte (ritengo di non possedere alcuna qualità “politica”), quando arrivò Chiara decisi di fare un passo indietro.

Nel ruolo di capogruppo mi sostituì l’amica compianta Marina Corradini, che era già stata assessore in precedenza, e in seguito sarà eletta sindaco per due tornate, sino alla sua prematura scomparsa, il 10 agosto del 2003.
Nella piazza a lei intitolata risiedono la Biblioteca Comunale (della quale sono stato presidente per quindici anni) e, da pochissimo, la nuova sede del Municipio.

A quel punto, con molto più tempo a disposizione, decisi di prendere la penna in mano, ci provai gusto e proseguii.
Devo però ammettere che quando a marzo di sette anni dopo cominciai a correre, per preparare la mia prima maratona nel novembre 1999, la mitica New York, cambiai davvero marcia: ogni volta che indossavo scarpe e tuta e percorrevo il sentiero che affianca il fiume e mi addentravo nei boschi da cui è attraversato, mi sembrava di essere in un altro mondo.
Mi estraniavo da tutto, e mille pensieri e sensazioni mi avvolgevano, affascinato dai rumori prodotti dallo scorrere dell’acqua e dalle fronde agitate dal vento.
Quando tornavo a casa, sentivo impellente il bisogno di tradurre in versi queste sensazioni, talvolta dolenti, ma più spesso ilari e spensierate.

Insomma, mi capitò quello che succedeva al mio mentore, Giovannino Guareschi, il quale diceva pressappoco che: “Quando sto scrivendo, alla mia scrivania, disturbatemi pure, non c’è alcun problema.
Ma quando sto costruendo una sedia, piallando un serramento, limando una biella, rettificando un carburatore, allora non permettetevi di importunarmi. Perché è in quel momento che nascono i miei racconti, le mie storie”
.

Ecco, per me è la stessa cosa: i miei racconti e le mie storie nascono principalmente quando corro sul greto del fiume; lì prendono la loro forma, assumono la loro sostanza, insomma, entrano in vita, e il tradurle poi in scritto è un semplice dettaglio.
Come ho già narrato nei miei precedenti racconti, per problemi fisici nel 2008 dovetti abbandonare non solo l’attività agonistica, ma anche la semplice corsa.

Da qualche mese invece, con Grazia, abbiamo affrontato una tabella che ci ha portato in una ventina di sedute a percorrere mezz’ora di corsa consecutiva, e il secondo sabato di novembre, approfittando della sua assenza per partecipare alle sedute di ginnastica per adulti che l’Artistica Dafne organizza alla sede di Barghe, dopo sette anni ho corso per la prima volta un’ora consecutiva, sull’antico tracciato che costeggia il fiume, da Vobarno a Sabbio Chiese.
Che felicità!

Ma la cosa più bella che poteva capitarmi è questa: l’altro ieri, sabato mattina, nel percorrere lo stesso tratto, cento metri dopo aver oltrepassato il ponte alla Corna del Sas, appena usciti dal paese, (alla cui base potete scorgere la scritta “IO E TEX SEMPRE”, che qualche buontempone voleva farmi credere sostituito con “TU E ZAGOR MAI”), ho scorto appollaiato su un masso, in riva destra, un grosso ed elegante cormorano.

Era a sei o sette metri di distanza, e quando mi ha sentito arrivare, ha spiccato il volo.
Mi sono bloccato all’improvviso e sono rimasto fisso a guardarlo, affascinato: ha dispiegato le ali, la cui apertura superava il metro, e con incedere elegante e regale ha percorso trenta o quaranta metri è si è posato su un altro masso, in riva sinistra.
La visione è stata davvero fantastica, e mi ha emozionato oltremisura.
In questo momento di puro sgomento, causato dai recenti attacchi terroristici che hanno martoriato Parigi e il Mali, ho paragonato il volo di quel cormorano a un grido di libertà, a un anelito di pace.

E così sia.

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