Quattrocento anni fa moriva a Venezia il valsabbino Fabio Glisenti, medico filosofo e scrittore
di Alfredo Bonomi





Nell’archivio storico del Patriarcato di Venezia, all’interno della serie archivistica “Registro dei morti” della Parrocchia di Santa Maria Formosa, è conservato il registro relativo al periodo 1612-1622 nel quale, in data 23 luglio 1615, è annotata la morte di Fabio Glisenti con la seguente dicitura:
«Ecel.mo Sig.r Fabio Glisenti
di anni 62 amalato da dolori
artetici et febri già 3 mesi
».

E’ l’atto di morte del noto medico valligiano residente in Venezia, filosofo, letterato, uomo di cultura a pieno titolo, certamente uno dei personaggi più eminenti tra quelli che la nostra valle ha dato.
Il reperimento della fonte archivistica si deve all’iniziativa dei bravi studenti della Scuola Media di Vestone intitolata all’illustro medico, guidati con competenza da bravissimi insegnanti.

Gli studenti hanno condotto una seria ricerca sul personaggio mettendo in risalto i diversi aspetti della sua personalità, la sua scienza medica, le riflessioni filosofiche, la competenza letteraria e la grande carità dimostrata nei lasciti testamentari che hanno abbondantemente ricordato la sua terra natale, precisamente Vestone.

Quest’anno ricorre il cinquecentesimo anno dalla sua morte ed è giusto ricordare la figura perché i valligiani di oggi possano conoscere le opere ed il pensiero, nonché la generosità, di altri valligiani che, pur ricchi ed affermati nelle grandi città, in passato hanno reso onore alla loro terra d’origine.

Fabio Glisenti nacque a Vestone nel 1542, figlio di Giovanni Antonio, valente medico e filantropo.
Scelto come medico della famiglia dei conti Lodron, ma detto anche “mago”, probabilmente per le sue conoscenze nel campo dell’alchimia, pratica frequentata da molti studiosi alla ricerca delle vere cause delle malattie.
Come molti altri distinti personaggi anche Giovanni Antonio, dopo essersi laureato a Padova ed esercitato la professione in Valle, ebbe dimora anche a Venezia.

Anche i suoi figli Fabio, Cornelio e Glissentia vissero nella città lagunare pur mantenendo saldi legami con la terra di Vestone dove avevano corposi interessi economici, come molti altri Glisenti particolarmente attivi nella produzione e nel commercio delle “ferrarezze”, sempre uniti in una consorteria di famiglie che, seppur sparse in molte località del Bresciano, del Trentino e del Veneto, mantennero sempre il legame con Vestone, considerata la loro “casa comune”.    

Il giovane Fabio, laureatosi in medicina a Padova, come era usuale per i rampolli delle famiglie facoltose e distinte, esercitò poi la professione medica a Venezia.
Qui coltivò contatti con i bresciani presenti in città, stringendo salde amicizie e rapporti culturali con altri valligiani che si erano distinti nella società veneziana, come Bartolomeo Bontempelli del Calice, originario di Presegno, ricchissimo commerciante, a sua volta munifico benefattore, padrino di Glissentia sorella di Fabio ed i molti stampatori; veri "impresari della cultura", per la maggior parte provenienti da Sabbio Chiese.

Si creò così a Venezia un "nodo umano" ed un circuito di idee e di cultura portato avanti da intelligenti valligiani.
Medico economicamente ricco con una consistenza patrimoniale di «ottanta e più mille scudi», somma veramente notevole, fu di vasta intelligenza e di altrettanto vasti interessi.
Accompagnò l'impegno quotidiano della sua professione medica con tranquille meditazioni filosofiche da cui nacquero i "Commenti su Porfirio e Aristotele ispirati allo spirito rinnovato della Controriforma cattolica".

Scrisse molte "Fabule drammatiche" e l' "Athanothophilia", che rivelano, come scrisse mons. Fappani, «in contrasto con la cortigianeria del tempo, uno spirito indipendente, una concezione scientifica non immune dalle ricerche della scienza nuova e, in aderenza con la morale evangelica, la difesa dei diritti dei poveri contro la prepotenza dei ricchi».

Negli ultimi anni della sua vita Fabio Glisenti volle tangibilmente legare il suo nome a Vestone.
Nel 1603 veniva edificato per impulso del Glisenti, su richiesta della comunità che desiderava che si desse vita ad un convento in valle, in località Mocenigo, un convento dedicato ai Santi Francesco ed Antonio, dove presero dimora, dopo parecchie sollecitazioni, i Cappuccini che "scriveranno" poi una lunga storia di pietà religiosa, di azioni caritative e benefiche a vantaggio dei valligiani.

Ma a Vestone il nome del Glisenti è legato in modo determinante ad un'altra fondazione, quella del convento dedicato ai Santi Pietro, Paolo e Marco, destinato all'ordine di S. Girolamo, da lui voluto con testamento del luglio 1615.
Conosciuto comunemente come "il conventino" era ubicato nell'antica casa di famiglia nel cuore del paese. Fu questo un lascito importantissimo per l'elevamento del tasso di istruzione dei fanciulli del paese.

Infatti, secondo quanto disposto dal benefattore, la comunità religiosa alla quale fu infine affidato il convento, precisamente quella dei Padri di San Sebastiano di Venezia, doveva essere composta da sei monaci, tre dediti esclusivamente alle pratiche religiose e tre all'insegnamento.
Per questo l'istruzione fu dotata dei fondi necessari, tratti dal suo patrimonio.

Uno dei "capitoli" del lascito testamentario così recita:
«... che [la Comunità religiosa] sia obbligata insegnar a tutti li fanciulli come giovani di quella Patria che vorranno imparare la buona educazione cristiana, i buoni costumi, e le lettere cominciando dai primi elementi fino a tutte le lettere d'umanità, gratuitamente e per solo amor di Dio con ogni diligenza possibile».

Nasceva così una vera scuola aperta alla comunità locale, strutturata con regole precise.
Sicuramente il suo influsso sul paese fu notevole e si deve a Fabio Glisenti se nel corso dei secoli successivi Vestone si è distinto per la presenza di intraprendenti famiglie dedite ai commerci ed alle libere professioni e con solida base culturale.
L'idea poi di legare il "Conventino" ai Padri di S. Sebastiano di Venezia, la splendida chiesa che conserva oltre la tomba del Veronese, una superba serie delle sue splendide pitture, è affascinante sul piano culturale.

C'è poi una considerazione finale assai significativa.
Per iniziativa di Fabio Glisenti Vestone fu l'unico paese della Valle Sabbia ad avere due conventi maschili, regolarmente funzionanti per parecchi anni; specialmente per questo assunse anche il ruolo di "piccola capitale" religiosa, richiamando il fervido "clima sociale" di centri più prestigiosi, come Salò, concorrendo ad arricchire la Valle Sabbia di opportunità spirituali di notevole spessore.

E' questa la storia di un uomo colto e generoso che ben si colloca in un'epoca dove chi possedeva molto avvertiva il dovere morale di elargire ai più deboli parte delle fortune che l'intraprendenza personale o la Provvidenza gli avevano permesso di accumulare.
E' un esempio di indubbia attualità.

Novembre 2015 - Alfredo Bonomi

..in foto: xilografia di Fabio Glisenti del 1595 tratta dal suo libro Athanatophilia.

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