In memoria di Pino Greco
di Andus Aristo

Al sovrano degli astri...



Al sovrano degli astri...

Ricordo l’estasi sfavillante dei mattini
che accarezzavano i profili di Casto.
Tu,  là, eri il cuore della primavera
che accendeva d’ardore i grappoli delle primule.
Eri il menestrello e il talmudista del deserto
che indicava la scia dell’infinito all’incanto dei suoi discepoli.
Sopra di noi Mura era il monte dell’Olimpo
e i ruscelli che scendevano erano maree dalle voluttuose anse.
Parlavi d’amore e di politica.
Narravi della tua Bussi lontana e di Casto
che  nella mappatura del nostro cielo era la stella pulsante,
più calda, più vicina alle nostre labbra.
Quando eri triste guardavi i monti e come Villon
sussurravi “Ma dove sono le nevi di una volta?”.
Eri giovane e bellissimo,  un incantatore di stelle.
La bufera trovava riparo nei tuoi occhi di gatto.
Nulla era cambiato in te
né il romantico battito del cuore,
né i roghi della tua anima,
né gli sguardi verso i ghiacciai,
né il sorriso che abbatteva le barriere coralline.
Solo il corpo aveva ceduto
non certo il tuo passo da messaggero divino,
solo la tua carne era ferita
non di sicuro la tua stordente cetra con cui avevi cantato
l’anima  di tanti destini.
Solo quando eri troppo stanco
È caduta la pioggia sulle tue mani di vento
e sulle tue messi che sfidavano il cielo.
Il tintinnio dell’alba
ti accoglie ora e un esercito
di luce illumina le nostre tane piangenti,
perché tu e solo tu sei il sovrano
degli astri e il principe delle
comete,  che ora ti accolgono lievi
e dal tuo corpo, immobile, trae
melodie anche la morte
e così sia.
Andus
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