Quattro anni di attesa
di val.

A sbloccare la situazione gli interventi di queste ultime settimane, la sinergia instaurata fra Comune, Comunità montana, Regione e Demanio, ma anche i denari dell'accordo di programma



Riapre la Rocca d’Anfo, dopo quattro anni di stop.
Il provvedimento di chiusura era scattato il 5 luglio del 2011 a seguito di un paio di segnalazioni di caduta massi che avevano interessato anche la Provinciale 237 del Caffaro.

Una situazione di pericolo analizzata prima in Prefettura, col Demanio che aveva precluso ogni attività nell’area, finita poi in un’ordinanza dell’allora neosindaco Giampietro Mabellini, valida per tre settimane: «Ho ricevuto una precisa diffida dal Demanio e a queste condizioni la responsabilità di mandarci dentro delle persone io non me la prendo» aveva aggiunto il primo cittadino all’ufficialità dei fogli timbrati ed esposti ogni dove.

La prima “saltare” fu l’inaugurazione del Museo dei Reperti bellici
, predisposto in Rocca dal Gruppo Sentieri Attrezzati, lo stesso sodalizio che negli anni precedenti aveva accompagnato in Rocca migliaia di turisti lungo percorsi da loro stessi mantenuti in efficienza.
Di rinvio in rinvio, quelle tre iniziali settimane sono diventate quattro anni, con ogni primavera che sembrava quella buona per la riapertura.

Quattro anni di sassi “intelligenti”:
i massi pericolanti, infatti, dovevano essere dotati della particolare dote di rotolare solo nell’area demaniale della Rocca, sopra e sotto la strada provinciale, senza impensierire le migliaia di veicoli che ogni giorno transitano lungo la 237 del Caffaro.
Un pericolo “zebrato” insomma.

Quattro anni, che hanno permesso di
affrontare il complesso iter burocratico che ha portato l’Agenzia del Demanio ad affidare l’intera struttura a Regione Lombardia, e a quest’ultima di coinvolgere la Comunità montana nella gestione diretta per i prossimi cinque anni.

Val la pena di ricordare, in questo frangente, che le risorse per riaprire la Rocca d’Anfo, arrivano dall’accordo di programma del 2008, quello sulla regolazione del lago, quando i sindaci firmatari (al suo posto è rimasto solo quello di Lavenone) hanno deciso di rinunciare ad una quota del finanziamento di ogni Comune a favore di questa struttura, allora come oggi ritenuta di fondamentale importanza per il rilancio in chiave culturale e paesaggistica dell’intero comparto turistico valsabbino.


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