Ancora su Calamandrei
di Dru

Dicevo, nel mio ultimo scritto sul lavoro, che l'esistente è l'identità della totalità delle differenze dove l'identità è vera identità, non è volontà di identificazione dei differenti


Calamandrei specifica che scendere da cavallo è un modo di comprendere ciò che sul cavallo non sta, costringendo il lettore ad intendere il cavallo come le ideologie e la loro discesa come loro negazione .

L'ideologia è una filosofia apparente, riguarda una parte della visione che sa essere totalizzante.

Apparente perché appunto è parte di ciò che appare, come la fotografia è parte di ciò che sa apparire e cioè e il soggetto da fotografare, e il fotografato, e il fotografo, dove l'interezza non è affatto definita .

La filosofia è la visione totalizzante delle singole parti e è a questa ulteriore dimensione che il Calamandrei ammonisce l'amico Don Sturzo di rivolgere il suo sguardo.

Ma è un richiamo disperato, come le parole che lo riecheggiano.
Scusi, davanti a tutti questi ‘feriti?, buttati a terra dai ‘ladroni’, cosa deve fare un Sindaco?

È vero, la filosofia in nome della dimensione totalizzante fallisce il suo scopo in nome della civiltà della tecno-scienza, del particolare sull'intero, ma questo suo fallire dipende proprio dalla sua inesistenza o come sola volontà di esistere.

Come volontà di identificazione dei differenti l'esistente è contraddizione, è volere che i differenti si identifichino, è volere, è volontà di potenza (vedere miei articoli: l'essere altro da sé significa essere nulla e l'essere nulla).

La filosofia ha inteso costituirsi come argine a questa impossibile identificazione, ma non ha saputo far di meglio che negare l'innegabile, collocandosi all'interno della dimensione nichilista, costituendo essa stessa quella identificazione.

L'"essere è" afferma  Parmenide di ciò che è e nel frammento 7 rincarando afferma "Infatti, questo non potrà mai imporsi: che siano le cose che non sono. Ma tu da questa via di ricerca allontana il pensiero,né l'abitudine, nata da numerose esperienze, su questa via ti forzi a muovere l'occhio che non vede, l'orecchio che rimbomba e la lingua, ma con la ragione giudica la prova molto discussa che da me ti è stata fornita."

Insomma, dice Parmenide, smettila con la fede (via di ricerca) nell'essere delle cose che non sono, smettila di perseguire una tua fede, una tua ideologia, una tua filosofia, che non è l'essere, poiché l'essere  non può non essere.

Eppure lo stesso Parmenide, affermando che ciò che è diverso dall'essere non può essere, fondando la "necessità dell'essere, nega la molteplicità e la relega a pura illusorietà.

Nasce da qui l'ambiguità della filosofia nei confronti della verità, che l'illusione non sia produce una contraddizione per cui ciò che non è l'essere è, seppur illusione, l'illusione non è l'essere ma non è neppure nulla.

Anche Parmenide, che intuisce dove sia la verità smentisce la stessa, identificando l'illusione all'inesistenza e apre alla storia del nichilismo.

Calamandrei tutto questo non lo sa, ma concede alla verità una dimensione apparente, quando richiama Sturzo alla realtà, assicurando una dignità a quanti sono "buttati a terra dai ladroni".

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