Territorio, discariche e «civiltà della vita»
di Alfredo Bonomi

Dati inquietanti ed interrogativi preoccupati, sulla sistematica devastazione di un territorio che aveva i suoi equilibri



L’articolo di Tino Bino “La coscienza dell’ambiente” apparso sul “Corriere della Sera” di sabato 18 Aprile ci fa sapere che il territorio bresciano smaltisce ogni anno, con 110 discariche nelle sue ex cave di sabbia e ghiaia, 1,6 milioni di metri cubi di rifiuti speciali (circa il 70% di quelli dell’intera Lombardia).
Il dato è documentato dall’ “Alta Scuola per l’ambiente” dell’Università Cattolica.

È una notizia di quelle che dovrebbero veramente preoccupare perché, non solo c’è la devastazione sistematica di un territorio che aveva i suoi precisi equilibri, ma anche notevoli rischi per il ben vivere in salute dei cittadini, troppo disattenti verso scelte dettate da puro profitto economico e non da considerazioni eque ed obiettive.
Il fatto è per se stesso inquietante e richiama interrogativi preoccupati.

Ne elenco solo alcuni, in ordine sparso, senza avere la pretesa di essere tuttologo.
Un territorio che ha (speriamo di non dover dire tra pochi anni “aveva”) fertili pianure baciate dall’abbondante acqua dei fontanili, che ambisce ad essere di alta qualità turistica, con laghi, colline, la Franciacorta, con paesaggi agrari di assoluto pregio, come può sopportare un’aggressione del genere?

Naturalmente ogni discarica è nata accompagnata da “studi rigorosi di settore”, precisi dal punto di vista amministrativo, inattaccabili dal punto di vista burocratico. Ma basta questo per avere la coscienza a posto?

Certamente se ci fermiamo alle “valutazioni tecniche”
non ci sarebbero ragioni per porre interrogativi preoccupati.
Ma l’esperienza ci ha abbondantemente insegnato che “tecnicamente” è stato possibile costruire ecomostri, violentare il territorio, gettare rifiuti speciali in luoghi di dubbia idoneità, cementare con colate continue le coste e via di seguito.

Ed ancora.
Le statistiche sull’incidenza dei tumori sulla popolazione bresciana non dovrebbero tradursi in interrogativi da approfondire meglio?
Che senso ha sentirsi “opulenti” se la qualità della vita scivola in basso?
E poi siamo così certi che la ricchezza si costruisca solo con visioni “efficaci” di corto respiro, invece che con strategie più complesse e riflettute?

Un dato è certo: per il futuro rischiamo di avere le macerie del cosiddetto “benessere bresciano”, oltre a dover continuare a vivere in un contesto nevrotico minacciato dalla rottura di equilibri umani fondamentali.
Una breve riflessione, probabilmente smentita dai molti “soloni di turno” che pontificano sempre più in modo autoreferenziale, su Brescia e sulla “brescianità” rende ancora più preoccupati gli interrogativi.

Negli ultimi anni si è assistito alla progressiva perdita di potenzialità della città.
Brescia sembra condannata all’immagine di città ricca, con popolazione vocata al lavoro (che è certamente un valore, ma nel contesto di altri valori!), priva però di mordente e di inventiva.
Non c’è più la Fiera, non ha vertici bancari, non c’è l’aeroporto, non ha centri culturali di alto prestigio, non i “parchi tecnologici” spesso evocati e mai realizzati.
Non ha saputo realizzare un adeguato collegamento con la Valle Trompia; è rimasto un richiamo ripetuto per un arco di tempo lungo come la vita media di una persona.
Si respira un provincialismo assordante.

Fa troppo spesso capolino la “brescianità” autoreferenziale, sempre più isolata da un contesto più vasto.
Anche a livello imprenditoriale gli esempi più dinamici hanno poco a che fare con i “salotti buoni” della città.
A livello politico domina la fragilità, comunque l’insignificanza rispetto al livello nazionale.

In estrema sintesi una Brescia non propulsiva rispetto al peso economico che l’ha (ma chi l’ha?), messa frequentemente all’angolo.
Viene il dubbio che la molla del profitto, confusa troppo spesso con la tenace attitudine al lavoro dei bresciani, s’imponga senza un’adeguata propensione al pensiero ed alla riflessione.
Altro che Brescia “capitale della Lombardia orientale”!

L’ultimo dato, apparentemente di poco conto, riguardante il declassamento dell’Ufficio Scolastico Provinciale (di un Territorio di 1'200'000 abitanti) dalla serie A a quella B, secondo un linguaggio calcistico, la dice lunga sulla considerazione di cui gode Brescia nelle “alte sfere”.
Non mi sembra che siano state spese molte parole su questa decisione.

Tornando alla notizia iniziale, siamo proprio sicuri che il territorio bresciano avesse i requisiti per ospitare tante discariche che in altrettante ex cave di sabbia e ghiaia, con grandi problematiche per il territorio, che non è solamente di chi ha tratto pingui profitti da questo, ma di tutti?

Ed ancora.
Siamo certi che queste discariche siano tutte “al posto giusto”, nonostante una “pratica“ troppo usuale in Italia?
Non viene il dubbio che la facile “traiettoria economica” di togliere sabbia e ghiaia dalla terra per poi riempire i buchi prodotti con i rifiuti abbia il merito di veloci risultati lucrosi, ma la caratteristica di essere superficialmente facile rispetto ad una visione complessa dell’intelligenza, anche di quella economica?

La risposta viene da sola, basta un piccolo sforzo di pensiero.
Sarebbe poi da valutare attentamente se si possa produrre economia e benessere anche in modo diverso da quello di vendere il nostro territorio, smontandolo a fette come se fosse una torta da gustare, (sabbia, ghiaia, marmo) specialmente all’Estero, magari in Stati dove ci sono leggi di tutela severe.

Si potrà obbiettare che si è sempre fatto ed anche in questo caso c’è una risposta di buon senso: certamente, ma non in quantitativi così elevati e con metodologie tecniche di estrazione e di escavazione così efficaci, efficienti ed inclementi.

La serie degli interrogativi potrebbe continuare, ma basta quella accennata per scuotere riflessioni, pensieri e preoccupazioni.

Giugno 2015
Alfredo Bonomi

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