L'antica strada
Inauguriamo oggi una nuova rubrica/concorso che abbiamo deciso di chiamare “Valle Sabbia in versi”. Vi troveranno spazio contributi dei nostri lettori, che siano in rima oppure no. Tre i criteri obbligatori...

Inauguriamo oggi una nuova rubrica/concorso che abbiamo deciso di chiamare “Valle Sabbia in versi”. Vi troveranno spazio contributi dei nostri lettori, che siano in rima oppure no. Tre i criteri obbligatori per la pubblicazione: che i componimenti possano essere considerate “poesie”, che in qualche modo trattino argomenti valsabbini, che non offendano la pubblica decenza (ad insindacabile giudizio della redazione di vallesabbianews, che è di maniche larghe).
Agli autori la scelta di essere pubblicati col loro nome, con uno pseudonimo oppure se rimanere anonimi.

Avrà diritto di partecipare al concorso a premi chi, fra i poeti, fornirà nome, cognome, indirizzo e numero di telefono fisso (serve per darci modo di confermarne l’identità e per permetterci di recapitare il premio).
In palio ci saranno alcuni libri. Gli altri autori verranno pubblicati lo stesso, ma non avranno diritto a partecipare al concorso.
Per ogni autore verrà selezionata una sola poesia, le altre che vorrà inviarci saranno comunque pubblicate.

Fra alcuni mesi la redazione di vallesabbianews.it avrà cura di selezionare fra le poesie pervenute “a concorso” quelle giudicate come le migliori.
Quattro per ciascuno dei seguenti ambiti: Descrizione di paesi o località, Dialetto, Natura, Satira, Sentimenti, Giovani autori (fino a 14 anni), Altro.
Le poesie così scelte verranno ripubblicate e l’ultima parola spetterà ai lettori che indicheranno per ciascun ambito quella ritenuta migliore.
I componimenti vanno indirizzati via e-mail o in allegato a redazione@vallesabbianews.it

Cominciamo con:

L'ANTICA STRADA

Da Bersenico sopra, e sino ai piani di Lò,
v’è un’antica strada che meglio conservar si può.
Dalla santella della febbre, sono visibili ed in parte sterrate,
delle grosse pietre del selciato, da due solchi ben marcate.

Quelle tracce infisse, dicono a noi comodi attuali,
che i nostri avi han mosso per secoli carri tirati da animali.
Quadrupedi erano, conserviamone memoria,
che han sempre sgobbato senza riconoscenza, tanto meno gloria.

Unico piacer del viver: avean le due palle,
per renderli più docili, gli tagliarono proprio quelle.
E quindi mansueti, si lasciavan soggiogare
ed il pesante carro, senza pensier, dovean tirare .

Su questa via campestre si fecero così il sangue amaro,
il pio bove, il brioso cavallo, il forte mulo ed il povero somaro.
Tutti gagliardi questi, allora motor viventi,
che dovean lavorare con la frusta e con i denti.

V’eran poi i conducenti: sudati, sporchi e malfatti,
urlavano da sembrare dei rustici monatti.
Poiché a quei tempi, la peste, colpiva di frequente,
qualche monatto in effetti, poteva esser presente.

Dall’alto scendevan legna, carbone, tegole e calce, foglie e fieno .
il tutto con gran fatica e stomaco mezzo pieno.
Questo ci dicono i lucidi sassi ed i solchi sul selciato,
ed il lavoro al par del sacrificio non va scordato.

Ricordiamo pure che da quegli scalmanati che puzzavan più dei buoi,
ci piaccia o non ci piaccia, siamo discesi tutti noi.
Tuteliamo dunque quelle strade e quei percorsi,
perché dai sassi lisci ci parlan gli avi nostri.

E non solo quelli, se ci facciamo maggior caso
provandoci a guardare più in là del nostro naso.
In tutto il mondo, infatti, i carri hanno viaggiato
come a Bione anche in Marocco le pietre hanno lisciato.

di Oreste Vallini da Bione
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