Sara, tre anni dopo
di Ubaldo Vallini

Sono trascorsi tre anni dalla tragica notte dell’incidente che al sottopasso di Prevalle si portò via Sara Comaglio, 22enne di Muscoline. Una tragedia ancora in attesa di giustizia



Anche quest’anno la mamma di Sara, Maria Luisa Massardi, presenzierà il sottopassaggio con striscioni e gigantografie.
Perché Sara non venga dimenticata e per chiedere giustizia.

La pericolosità di quel tratto di strada infatti, che corre in trincea sormontata ai lati dai campi, era stata segnalata per anni.
Solo dopo l’incidente mortale, però, Anas ha deciso di intervenire posizionando vasche di raccoglimento più capienti, griglie, lampioni, e ridimensionando pompe idrovore e sistema d’allarme, con un investimento di circa 400 mila euro.

Lavori realizzati anche sotto la pressione esercitata da Maria Luisa che in questi anni ha raccolto un voluminoso dossier su quel tratto di strada.
«Bene, se è vero che hanno sistemato la strada anche per merito mio sono contenta» ci dice la donna, mostrandoci da una parte le fotografie del tratto “incriminato” prima e dopo i lavori di Anas, dall’altra quelle di sua figlia: «Peccato che non possa farvi vedere come da allora è cambiata Sara» aggiunge con voce rotta dall’emozione.

Già, perché Sara non c’è più da tre anni e la battaglia della madre prosegue nel tentativo di ottenere giustizia.
Così, quando il pm Antonio Chiappani in merito all’inchiesta per l’incidente mortale di Sara ne ha chiesto l’archiviazione, il gip Lorenzo Benini si è opposto, accogliendo la richiesta di Maria Luisa Massardi.

Questo succedeva alla fine di gennaio di quest’anno
, col giudice Benini che ha chiesto tre mesi di tempo perché la Procura potesse acquisire l’organigramma di Anas con tanto di deleghe, regolamento delle reperibilità, protocolli d’intervento e rapporti di lavoro fatti sulla stazione di pompaggio.
Dati che il gip avrebbe valutato a maggio, cioè in questi giorni.

«Siamo in attesa che si muova qualche cosa» ci ha confermato Maria Luisa.
Le indagini hanno già appurato che la sera precedente all’incidente le pompe idrovore erano andate in avaria e che il loro malfunzionamento era stato comunicato dall’impianto stesso con 4 sms a partire dalle ore 14 del 21 maggio, quindi con largo anticipo, ai quattro dipendenti Anas iscritti nel registro degli indagati l’anno successivo al fattaccio, il 2013.

L’ultimo messaggio arriva ai loro telefonini alle 21
, quando le pompe si fermano del tutto, ma nessuno interviene. «Non toccava a noi» diranno i quattro, nessuno così neutralizza il segnale di pericolo.

Sempre nell’ordinanza depositata dal gip al gennaio, si legge «sulla scorta degli accertamenti compiuti dal consulente del Pubblico ministero va ritenuto sussistente il nesso causale tra l'allagamento della SS45 bis nel tratto suindicato al momento del fatto (presenza sul manto stradale di "pozza d'acqua lunga 47 m e alta 10 cm") nonostante la velocità non prudenziale e non consentita (112 Km/h) tenuta da Comaglio Sara nell'occasione: seppur Comaglio avesse tenuto una velocità di 90Km/h (massima velocità consentita nel tratto stradale in questione) non avrebbe potuto comunque arrestarsi ed evitare così il fatale urto».

Ancora, nella relazione del Consulente si leggeva: «Solo viaggiando alla velocità di 73 Km/h Comaglio avrebbe potuto arrestarsi entro il punto d'urto».

Per il giudice insomma, la velocità con la quale l'auto della 22enne è piombata nell'immensa pozzanghera, da sola, non basta a spiegare l'incidente, o quanto meno ad escludere l'eventuale responsabilità di chi doveva garantire la sicurezza della strada.

.in foto: la strada al sottopasso prima e dopo; Sara Comaglio, senza un "dopo".


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