Chiusura con l'Ariosa in Piazza Marconi
di Ubaldo Vallini

Il meteo non lasciava presagire nulla di buono, quest’anno, per il Carnevale bagosso dei balarì, quello che viene celebrato solo al lunedì e al martedì grasso. Invece...



La Madonna di San Luca deve averci messo del suo.
Fatto sta che nella cittadina della montagna valsabbina, la tradizione ha potuto svolgersi nel migliore dei modi.

I balarì si sono presentati alla chetichella in San Giorgio
, alle 6 e mezza di lunedì mattina: più di cento, tutti insieme fra i banchi ad ascoltare la messa celebrata da don Paolo.
Per lui, il prevosto, che per l’occasione ha voluto ricordare don Arturo che l’ha preceduto per tantissimi anni, il primo ballo sul sagrato.
E la prima sosta, tutti in canonica a sorbire brodo di gallo.

Ne sono seguite a decine: beveroni energetici di brodo e corroboranti bicchierini di grappa per sopportare il freddo e la fatica delle danze che sono andate avanti per due giorni.
Nella metà del paese che viene chiamata “Cavrìl” al lunedì; ad “Ösnà” di martedì.

I balarì, condotti nella scelta delle ballate e delle coreografie dai “capi” Giovita Fusi ed Antonio Fusi, sostenuti dalla musica dei “sonadur”, hanno danzato nelle piazzette del centro, fra i vicoli e nei cortili delle case, in omaggio ad una ragazza o alle famiglie che hanno prestato gli ori per ornare il preziosissimo cappello.

Tutti insieme si sono poi ritrovati ieri sera nella centralissima piazza Marconi per l’ultimo ballo, l’Ariosa, al termine del quale si sono tolti la maschera e si sono prodigati in un abbraccio liberatorio.
Il Carnevale di Bagolino anche quest’anno è finito lì.

Per qualche ora ancora, i “mascher” hanno trascinato gli zoccoli e strofinato ovunque il “rench”, l’aringa affumicata, per ricordare a tutti che la festa era finita e che stava per arrivare il tempo delle privazioni.

La prima pergamena sulla quale si fa cenno ai balarì è del 1518. Manca poco dunque, per i 500 anni del Carnevale.
Un evento che gli studiosi del mondo popolare hanno classificato fra le più importanti scoperte entnologiche degli ultimi anni.
E non vuol saperne di scomparire, se è vero che la scuola dei “balarì picoli”, che danzano la domenica, ne sta tirando su un’ottantina.

.foto di Claudia Vallini

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