Aldo, il senso di un addio
di Leretico

Quando un amico come Aldo se ne va, non resta che il vuoto. Ci si risveglia da un sogno in cui si credeva che il viaggio della vita non potesse finire mai


Il viaggio di Aldo è terminato. Sono riuscito a dirgli addio, un addio inconsapevole mascherato da arrivederci, parola piena di speranza perché intrisa di futuro, oggi piena di malinconia di fronte alla sua morte.
Una parola di abitudine, che mi pesa, stasera, perché maschera una realtà che non volevo accettare, ma che crudamente si è concretizzata con la sua tragica e inevitabile certezza.
Il suo viaggio è terminato, è sceso alla stazione dell'addio con una consapevolezza e una fermezza da uomo forte, sincero, ormai troppo stanco per continuare.

Ho conosciuto Aldo nella parte finale del suo viaggio, ho incontrato un uomo saggio, intelligente capace di indicarmi la strada. In quest'ultimo anno ci siamo visti spesso e, pur leggendo nei suoi occhi la sofferenza di una condizione indesiderata, sapevo che aveva meditato a lungo su quanto la vita gli stava tragicamente mettendo davanti.

Mi aveva confidato sin dall'inizio il suo terribile segreto, un giorno, quasi un anno fa, mentre insieme tornavamo in auto verso Vestone.
Non avevo saputo rispondergli, non sapevo, in quel momento, quale fosse il modo per dire, per parlare all'anima di un uomo amareggiato dalla mancanza di riguardi del destino nei suoi confronti. Mi colpì la sua serenità, il suo coraggio.
Parlammo in quei frangenti del senso di trascendenza che c'è in ogni uomo, e di come ognuno lo declina diversamente nel viaggio della vita. Quando scese dall'auto sperai che potesse guarire, immaginai un impossibile futuro.

Voglio qui dunque ringraziarlo per avermi dato questa fiducia, di aver creduto di condividere con me, io in fondo estraneo al suo mondo, non solo il dramma silenzioso di un essere vivente che sente il peso di una prova estrema da affrontare, ma anche il contenuto umano di questo gesto di profonda amicizia di cui mi sento onorato.

Insieme ad Aldo ed Alessandro avevamo involontariamente istituito un momento settimanale dedicato al pensiero, all'otium latino, così inviso a molti, troppi, che lo traducono in termini volutamente negativi, forse per ignoranza, forse per invidia.
Scienza, filosofia, letteratura e politica erano i nostri temi. Nelle nostre discussioni avevo intuito quale fosse la sua forma mentis, quale la sua filosofia: pensava fosse importante la libertà dell'uomo nel gestire la propria vita, responsabile del proprio tempo, perché "Dum loquimur, fugerit invida aetas" - Mentre parliamo, sarà fuggito avido il tempo (Orazio).

Il suo atteggiamento verso la vita era davvero "oraziano", lontano dal becero materialismo, per la gioia dignitosa della vita, per il coraggio della morte in risposta all'angosciosa imprevedibilità del futuro.
Amante della natura a cui rivolgersi come unico luogo in cui meditare sulla vita, sulla società, sul ruolo dell'uomo al suo interno, sul senso della tecnica a favore e non contro l'umanità.

Nei giorni natalizi appena passati avevamo toccato il tema del Futurismo, dell'arte di Fortunato Depero che tanto gli piaceva e che meritava di essere ammirato al Mart di Rovereto.
Azzardai lì per lì una proposta per una visita in gennaio, di andare proprio al Mart perché lui ci potesse spiegare la sua passione, la storia del suo interesse per il Futurismo. Al brillare dei suoi occhi per l'entusiasmo di quell'eventualità avevo poi intravisto la rassegnazione di un tempo irrimediabilmente irraggiungibile, condensato in un semplice "Vedremo... se ce la faccio".

La sua resistenza è durata poco oltre, il suo viaggio è finito tristemente prima.
E adesso, quel vuoto che sento dentro è il senso che mi accompagnerà ogni volta che tornerò ai luoghi che abbiamo visitato insieme, agli articoli su Vallesabbianews che abbiamo letto e a volte scritto insieme, ai progetti che pensavamo di portare avanti per i giovani della Vallesabbia, a tutte quelle cose che ho potuto condividere con lui perché mi dedicava parte del suo tempo, parte della sua vita, per qualcosa secondo lui valevole di attenzione, di meditazione, di considerazione sincera.

Nel chiudere questo addio, mi rendo conto, proprio ora, di aver perso un amico vero, che mi ha dato la grande lezione dell'umiltà del vivere e del coraggio del morire.
Ne farò tesoro con rispetto e malinconia.

So in verità che ogni addio è in fondo un arrivederci, allora, caro Aldo, da questo treno che corre indifferente sul binario della vita, da questo treno da cui sei tuo malgrado appena sceso, anch'io ti mando il mio
arrivederci.

Leretico


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