«I mafiosi? Ricordatevi che temono la cultura»
In tantissimi all'auditorium Capretti per don Ciotti, ospite della cooperativa il Calabrone


«Vi auguro di essere eretici, ma nel senso greco del termine (eresia significa scelta, ndr): vi auguro quindi di scegliere.
Eretico è colui che più della verità ama la ricerca della verità, colui che impegna la propria libertà per chi non è libero. Eretico è chi non cede alla tentazione del cinismo e dell'indifferenza. Essere cittadini responsabili sono coloro che non si dimenticano mai che legalità e giustizia si devono saldare insieme».
È con queste parole che don Luigi Ciotti ha chiuso ieri sera l'incontro dal titolo «Legalità e giustizia», promosso dalla cooperativa sociale il Calabrone per il primo degli «Incontri di Pensiero».

In un affollatissimo auditorium Capretti il fondatore di «Libera» entra accolto da un fragoroso applauso.
Dopo i saluti di don Piero Verzelletti e l'introduzione di Daniela Faiferri, tocca a don Ciotti parlare di giustizia e legalità, i temi principali dell'incontro organizzato ieri. E lo fa partendo da una personale professione di umiltà: «Io sono un piccolo, piccolo uomo, con i miei limiti e le mie grandi fragilità: ma non esiste un io, ho sempre creduto nel noi».

Don Ciotti invita a diffidare da coloro che «hanno capito tutto» perché spesso dietro a questa forna di sapere si nasconde una grande superficialità. L'applauso nasce spontaneo dalla sala quando il sacerdote sottolinea come in Italia non si riesca ad avere una legge completa sulla corruzione. «Corruzione e mafie sono due facce della stessa medaglia. Bisogna costruire una società civile e responsabile, la corruzione toglie la libertà, ma la libertà, la responsabilità e la dignità sono presupposti e fondamenti del diritto».

Don Luigi Ciotti illustra poi come la crisi economica sia inevitabilmente alla base dell'illegalità, perché ha aumentato la disparire reso sempre più difficile l'uguaglianza, che è il presupposto della legalità. È l'etica ad essere il primo margine all'illegalità, ma «non bastano proprio i codici etici, che adesso vanno tanto di moda: l'etica deve potersi leggere nei nostri comportamenti, chiama in causa ciascuno di noi».

Don Luigi porta poi la testimonianza di papa Francesco, ricordando come non passi settimana senza che il pontefice non nomini la corruzione che è la prima delle mafiosità. Indica poi la strada verso la legalità e la giustizia e lo fa concludendo il suo intervento sui giovani, la scuola e la cultura, che sono la speranza per annientare le mafie: «Le quali non sono nessuno se non hanno chi permette loro di fare quello che fanno. Cosa temono i mafiosi? La cultura».

di Stefano Archetti dal Giornale di Brescia

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