Perlonc, una storia che continua
di Pino Greco

Finalmente la domenica giusta. In un’estate così le occasioni vanno colte al volo. Ieri mattina niente bombe d’acqua in vista.
E vai per la Fobbia...



L’itinerario è quello tosto. Quello che merita  una sorta di ricompensa. Vobarno-Degagna-Eno e poi quel budello ansiogeno che si inerpica  fra tornanti ed impennate.
A contendere l’esigua grattugia di buche ed asfalto agli improvvidi ciclisti che, dopo aver sofferto l’ascesa, pretendono i brividi da discesa a ruota libera.

Ha un che di liberatorio il pendio che all’improvviso scivola sul prato del Perlonc. Quella terrazza verde che apre sulla valle, con spicchi lago, il rosario di borghi della valtenesi e le foschie della bassa.
Il parcheggio è gremito. Bene! I posti giusti vanno condivisi senza arroganze elitarie. Tante facce, tante storie, tutti tasselli del grande mosaico della gente. Lo spettacolo più bello – come diceva C.Bukovsky – da godersi gratuitamente.
Al centro , bianca, squadrata e imponente, la metamorfosi della vecchia locanda del Perlonc. Forse come l’aveva sognata lui. Come l’hanno composta, stagione dopo stagione, le sue donne. Le sue splendide donne.

Ecco una bella storia.
Un moglie e due figlie che elaborano un lutto straziante e si rimboccano le mani. Grande vuoto dentro. Empatia e dinamismo fuori. Affabilità montanara. La stessa del Gianni, modulata sulle caratteristiche di genere.
Insomma in questi anni l’antica trattoria è mutata in una specie di resort. Confortevole e accurato. Arredi sobri e genuinamente tradizionali.
La cucina, poi, radicata sulla gustosità della gastronomia di valle. Siamo venuti su per lo spiedo. Secondo il rituale canonico. Quello che inizia con la minestrina e chiude con le croste abbrustolite. Complicati i raffronti con quello del Gianni. Anche i recettori dopo quarant’anni cambiano.

La sensazione è immutabile e appagante. Lo spiedo non è un assemblaggio di componenti. E’ l’esaltazione autentica dell’ospitalità. Quella che si riserva agli intimi, agli amici, alle persone di riguardo. Lo spiedo è un dono. In primis per la laboriosità della preparazione.
Ho osservato che quando si prenota uno spiedo, difficilmente si chiede il prezzo. E’ d’obbligo il ringraziamento. A prescindere. Anche al ristorante. Dei particolari si discuterà con comodo in altre sedi.
E’ come la messa di Natale. Qualche volta non funziona il riscaldamento. Un’altra, l’organista inciampa sulle note o il parroco fatica a chiudere in bellezza. Può capitarti di scambiare il segno di pace proprio  con quei subnormali che continuano a parcheggiare sui tuoi spazi. Ma sempre messa di Natale è. La sensazione, quella che rifluisce nei canali della memoria, nasce dentro di te, dalla condivisione di un’atmosfera unica.

Ci ragionavo su in silenzio, ieri. Le parole, quelle scambiate coi commensali, verbalizzavano lo stupore ammirato per l’efficienza del servizio. Premure, tempistica, garbo, speditezza. Certe attenzioni  ammiccanti che scioglierebbero anche il più coriaceo dei misantropi.
Si resta colpiti per i sincronismi dell’andirivieni da e per la cucina, il sancta sanctorum. Si intuisce che lì dentro è la plancia di comando, quella che ai suoi tempi presidiava mirabilmente il Gianni. Il segreto si svela più tardi. Al momento dei caffè. Quando dalla cucina viene via Noemi. La donna del Gianni. Un po’ arrotondata, ma sempre quella bella faccia levigata e arrossata dalle braci. Quel sorriso aperto, quella voce mielata.

Insomma, lì dentro si avverte lo spirito del Gianni
, ma la passione e la professionalità delle sue donne hanno elevato semmai gli standard del gradimento. Certo, il toponimo Perlonc, il brand attestatore, resterà legato alla storia dei luoghi, ma credo sia giunto il momento che, agli amici invitati per una domenica diversa, si potrà dire “dai! si va su in Fobbia. Spiedo prenotato dalla Noemi”.

San Felice d/B 11 agosto - Pino Greco
140812_perlonc.jpg