Un invito e un appello
di Claudio Zanoni

«Dopo lunga attesa finalmente è stato pubblicato il rilevamento statistico per Vobarno dei dati di produzione e smaltimento dei rifiuti urbani relativi all’anno 2013 per Vobarno. Per la raccolta a calotta un "flop" clamoroso»



La percentuale di RD per l’anno 2013 ha raggiunto solo un modesto 47,6% con un costo pro-capite di € 109,5!
Anche il confronto di alcune tipologie di costi non ci rassicura.
Nel 2012 il costo totale dell’intera gestione dei rifiuti è stato di € 916.888,00 pari a € 233,00 la tonnellata, nel 2013 il costo per ciascuna tonnellata è stato di € 245,5 raggiungendo un importo totale di € 938.759,00.

La domanda che ci potremmo porre è: “Perché se la percentuale di RD è aumentata i costi sono saliti”?
Dovrebbe essere l’esatto contrario, ma è proprio questo che sta a dimostrare il sistema fallimentare della calotta.

Cerco di spiegarmi.
Quello che si ottiene dallo svuotamento dei cassonetti della raccolta differenziata (carta, plastica, vetro e lattine) è una raccolta molto impura, perché all’interno dei cassonetti si trova un po’ di tutto. Questo potrebbe benissimo rappresentare il probabile 72% tanto proclamato. (Raccolta differenziata non verificata).
Questa massa di raccolta differenziata sporca rende difficile il riciclaggio della frazione selezionata e ne complica la vendita ai consorzi di filiera. Successivamente, per potere ricavare materia prima secondaria, a secondo della tipologia del materiale, è indispensabile conferire la RD presso un idoneo impianto di selezione e/o trattamento, eliminando tutto quello che non può essere riciclato.
La parte scartata diventa raccolta indifferenziata e ciò che rimane è il reale avvio al riciclo ed è questo ultimo il vero dato che interessa, ed è chiaro che abbassa ulteriormente il valore del 42%.

Naturalmente questa selezione ha un costo e più la raccolta differenziata è impura, più sale il prezzo per l’avvio al riciclo.
Con il sistema alternativo, quale il porta a porta, questa selezione viene fatta fra le mura domestiche da ciascun nucleo famigliare.
La raccolta differenziata presenta una percentuale di impurità minima ed è questo uno dei motivi che abbassa i costi.
Già nel 1997 con il D.lgs n. 22 (cd Decreto Ronchi) sono stati introdotti in maniera organica i principi di “responsabilità condivisa” e “chi inquina paga”.

Ad oggi, con la scelta di questo sistema a calotta, nessun comune nella nostra valle riesce ad applicare questo decreto.
Da sempre, la via più efficace per abbattere i chili di spazzatura è intervenire sul portafoglio, modulando la bolletta in base alla produzione effettiva di rifiuti.
In quest’ottica, nelle intenzioni del decreto Ronchi, la tariffazione puntuale avrebbe dovuto gradualmente sostituire la tassa rifiuti, passando da un importo calcolato sulla superficie dell’abitazione a quello sulla quantità effettiva dei rifiuti prodotti. Oggi, i Comuni che hanno applicato un sistema a tariffa puntuale sono, secondo L’ISPRA, 1.347, meno di 2 su 10.

I motivi sono vari e svelano, dietro una questione apparentemente burocratica, molte dinamiche di un settore in cui sono in gioco molti soldi.
“Un po’ per inerzia e un po’ per la sottovalutazione dei vantaggi conseguibili con il passaggio alla tariffazione puntuale, molti Comuni hanno continuato ad applicare la vecchia TARSU, oppure hanno introdotto la TIA parametrica, anche se, come già detto, fin dall’emanazione del decreto Ronchi veniva previsto l’obbligo, poi prorogato, di passare alla tariffa puntuale fin dal 1999.
La gran parte dei Comuni ha quindi deciso di mantenere un sistema più semplice e comodo per chi deve incassare la tassa per coprire i costi di igiene urbana, ma molto iniquo per gli utenti virtuosi che riescono a ridurre i rifiuti non riciclabili.

La tassa calcolata sui metri quadri
si basa infatti su un imponibile facilmente quantificabile, mentre per l’attuazione del regime tariffario puntuale c’è bisogno di un maggiore impegno dal punto di vista organizzativo e della eliminazione dei cassonetti per passare alla raccolta porta a porta, l’unica che consente realmente il conteggio degli svuotamenti di ogni singola utenza.

La stessa ANCI ha chiesto per dieci anni la proroga della tassa rifiuti, bloccando di fatto ogni evoluzione verso un sistema più efficiente.
I Comuni che hanno applicato la tariffa puntuale, infatti, sono sempre quelli che oggi ottengono i risultati più alti di raccolta differenziata e le bollette più basse per le famiglie.

Ma oltre all’ANCI, ad aver messo i bastoni tra le ruote sono state anche le società proprietarie degli inceneritori e delle discariche: questi impianti hanno bisogno di essere alimentati in modo costante e con elevati quantitativi di rifiuti.
Se la raccolta differenziata supera un certo livello, i rifiuti da smaltire in discarica o da bruciare diminuiscono e si è costretti a cercarli altrove, anche a costo di ridurre le tariffe di conferimento e quindi gli utili di gestione, come fanno i termo-valorizzatori del Nord Europa.

UN MECCANISMO AMPLIFICATO NEI CASI IN CUI È LA STESSA AZIENDA A GESTIRE IL SERVIZIO DI RACCOLTA DIFFERENZIATA E LO SMALTIMENTO, COME AVVIENE IN MOLTI COMUNI ITALIANI: SI VIENE SPESSO A CREARE UN CONFLITTO DI INTERESSI.

Paradossalmente le stesse lobby sono riuscite ad ottenere incentivi sulla produzione di energia dalla combustione di rifiuti, paragonata ad altre fonti rinnovabili, gravando ancora sulle bollette elettriche dei cittadini.
L’ignoranza della politica e importanti lobby dell’industria hanno ingessato la gestione dei rifiuti, orientandola verso lo smaltimento piuttosto che il riciclo, producendo molte distorsioni.

In molti casi, attraverso l’esternalizzazione della raccolta dei rifiuti, i Comuni hanno perso il controllo del servizio.
La maggior parte delle amministrazioni, per pigrizia, ignoranza, mancanza di professionalità e sotto la pressione di interessi forti, ha deciso di chiudere gli occhi e non cercare, in tempi di magra per gli enti locali, di razionalizzare il servizio.

Vedi il caso dei contributi della raccolta differenziata ovvero i ricavi derivanti dalla cessione:
“I Consorzi per la raccolta e il riciclo dei diversi tipi di imballaggi, coordinati da CONAI, vendono i materiali alle aste e versano ogni anno ai Comuni aderenti un contributo fisso, stabilito in un accordo quinquennale con ANCI.”
Su 8.092 Comuni, però, solo 176, i più accorti, riscuotono direttamente questi contributi. Tutti gli altri delegano le aziende, senza neanche chiedere conto dei flussi di cassa e dell’ammontare di queste somme, elementi che invece dovrebbero essere considerati nel negoziare il prezzo del servizio. Molte amministrazioni non sono ancora a conoscenza degli aspetti economici a loro vantaggio.

Quanto descritto è esattamente ciò che è successo nella nostra Valle Sabbia.
L’unico comune a rimanere fuori da questo contratto blindato per sette anni, è stato il comune di Prevalle (7000 abitanti circa), merito del Sindaco Amilcare Ziglioli, che, da persona lungimirante, ha dedicato molto tempo ad informarsi con dedizione su questa tematica.
La sua scelta si è dimostrata vincente e ne sono a testimonianza i dati che riporto di seguito. La percentuale di RD per l’anno 2013 ha raggiunto l’82% con un costo totale dell’intera gestione dei rifiuti di € 495.215,51.

SE LI GUARDINO BENE COLORO CHE SOSTENGONO CHE CON IL PORTA A PORTA I COSTI AUMENTANO.

Difatti nel Capitolato Speciale d’appalto per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Pag. 15 si legge che i contributi COMIECO, ovvero i ricavi derivanti dalla cessione della carta e del cartone, spettano alla società appaltatrice (Aprica); le Amministrazioni Comunali si obbligano a rilasciare alla medesima apposita delega per la loro riscossione.
A Pag. 16 medesima scrittura, ma riferita ai contributi CO.RE.PLA, ovvero i ricavi derivanti dalla cessione della plastica sul mercato privato e così pure per i contributi COREVE, ovvero i ricavi derivanti dalla cessione del VETRO e LATTINE sul mercato privato.

A questo punto mi chiedo, ma al cittadino che a casa sua differenzia con attenzione, con la stessa cura che il porta a porta richiede, conferendo nei cassonetti pezzo per pezzo quanto riciclato, cosa gli è riconosciuto?
Nulla, nessuna gratificazione, è trattato allo stesso modo del cittadino scorretto che non differenzia o che lascia i rifiuti fuori dai cassonetti, oppure come coloro che non si sono neppure degnati di ritirare la chiavetta.

A VOBARNO BEN 230 CHIAVETTE GIACCIONO IN ATTESA DEL RELATIVO PROPRIETARIO!

E che dire delle altre 657 chiavette che, a distanza di un anno dall’attivazione del sistema a calotta, non sono MAI state usate?

Il contratto iniziale stipulato con Aprica prevedeva due opzioni per la raccolta dei rifiuti:

1)    Svuotamento settimanale con un maggior numero di cassonetti
2)    Svuotamento due volte a settimana con un numero inferiore di cassonetti

L’amministrazione precedente aveva scelto la prima soluzione,

UNA VOLTA ALLA SETTIMANA?

Scelta peggiore non poteva essere fatta. Un maggior numero di cassonetti rappresenta un ingombro maggiore del suolo pubblico, minor numero di parcheggi disponibili, cassonetti sempre pieni, con conseguenti inceppamenti frequenti delle calotte e aumento dell’abbandono dei rifiuti fuori per strada.
Se ad ogni svuotamento fosse stata abbinata anche la pulizia intorno ai cassonetti, avremmo risolto meglio anche questa problematica.

Giovedì 24 luglio l’amministrazione comunale ha incontrato la dirigenza di Aprica nella sede della Comunità montana per affrontare queste problematiche: dopo lunghe trattative Aprica ha accolto le nostre richieste (2 svuotamenti la settimana, serate formative e informative e maggior controllo sul territorio).

Tornando ora alla nostra modesta percentuale di RD del 47,6% tengo a fare notare che I limiti imposti dal Testo Unico Ambientale per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, sono i seguenti:

35% entro il 31/12/2006
45% entro il 31/12/2008
65% entro il 31/12/2012
La linea guida dl Parlamento Europeo impone il 75% entro il 31/12/2025 e l’80% entro il 2030.                                                                 

CON IL NOSTRO RISULTATO SIAMO ANCORA FERMI AL 31/12/2008.

Questa dunque la realtà dei fatti che, una volta conosciuta, deve divenire il punto di partenza per un nuovo modo di pensare alla gestione dei rifiuti, consapevoli che l’unico dimostratosi vincente è rappresentato dal sistema porta a porta già adottato in Lombardia dal 70% dei comuni e nel Veneto dal 77%.

Sappiamo che  Aprica nelle città di Bergamo e Como
opera già con il sistema porta a porta, perché allora  proseguire ad oltranza con la calotta nel nostro territorio?
Lancio quindi un appello a tutti i Sindaci della nostra valle perché unanimi chiedano alla Comunità Montana di Valle Sabbia di uscire al più presto da questo sistema, senza attendere la scadenza naturale del contratto del 2018.
Solo la Comunità Montana infatti, in qualità di stazione appaltante, ha diritto alla risoluzione anticipata del contratto al termine del quinto anno, vale a dire nel 2016, senza dover pagare nessuna penalità. (Pag. 4 Articolo 5 - Durata dell’appalto nel Capitolato Speciale d’appalto per il servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti).

Ai cittadini di Vobarno
chiedo invece un maggior senso civico invitandoli a ritirare le chiavette giacenti ed utilizzare quelle già ritirate perché, in attesa di un sistema alternativo all’esistente,
l’impegno comune ne riduca al minimo i disagi.
 
Presto vi farò sapere degli sviluppi sulla gestione dei rifiuti, le strategie intraprese, la disponibilità e la collaborazione che Aprica vorrà dedicarci al fine di migliorare questo servizio.
Troverete anche l’esposizione delle opportunità che un metodo alternativo a quello attualmente utilizzato può dare.

Claudio Zanoni
Consigliere con delega all’Ambiente del comune di Vobarno

.La foto è stata scattata a Vobarno in un cassonetto per la raccolta della carta


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