Il regalo di compleanno
di Nerino Mora

I ricordi sono esili, quelli di un primo viaggio in tram, per un regalo di compleanno ambito...


Con la bicicletta da donna, la tavola di legno posta a canna provvisoria, inizia il viaggio per la stazione del tram. Il mio papà alla guida.
La stazione era una casa in buona parte molto simile all’attuale, in via Ferrovia a Gavardo, ora sede del Circolo Combattenti, uno dei pochi rimasti.

La gente aspettava l’arrivo del tram: un veicolo su rotaia misto passeggeri e merci, talvolta solo linea merci.
Il percorso ora è in buona parte occupato dalla superstrada per Brescia, in parte da piste ciclabili.
La via ferrata volgeva a nord direzione della valle Sabbia, a ovest verso Salò, a sud alla stazione di Rezzato e poi Brescia. La linea solcava prati e boschi e ponti in pietra e ferro.

All’ora designata e prestiva giunge il Tram che già aveva fatto servizio in valle, una macchina molto rudimentale, solo cose essenziali, il colore scuro impauriva.
La prima classe aveva le finestre chiuse, la seconda era pressoché aperta, le panche in legno rustico come tutta la carrozza. Prendemmo posto e cominciò così il consumarsi del mio primo regalo.

Il viaggio lento a pensarci ora, ma veloce a quel tempo, quando i 50 km orari erano veramente tanti, il Naviglio a destra il Chiese a sinistra, le campagne di Bulina poi di Goglione, una grande distesa di verde e poche rare case.
E paesi segnati dai campanili.

Alla stazione di Rezzato
inizia il viaggio di ritorno. La macchina, che non sapevo a con cosa funzionasse, se fosse gasolio o carbone, mandava fischi e lanci di fumo di tanto in tanto per avvisare del suo arrivo.
Il ritorno fino a Gavardo fu discretamente monotono e noioso. Le capre presenti sul treno infastidivano un poco, il rumore assordante del metallo su metallo e brusche frenate, per dare precedenza agli animali al pascolo.

L'avventura era tutta nel tragitto di ferrovia ancora da percorrere e la parte migliore era in arrivo.
Dopo Gavardo la biforcazione della via ferrata che portava alla lane Gavardo, il famoso “Bustù” con tanto di camino altissimo. Lì il tram staccava parte del suo carico di merci in un brulicare di operai al lavoro.

Poco dopo c’era la fermata a Villanuova, al Cotonificio, dove uomini in canottiera staccavano altri vagoni. Alla fermata successiva c’era la stazione e Scalo di Tormini di Roe, ora in ristrutturazione.
Da lì il treno poteva andare verso Salò o per la valle Sabbia, fino ad Idro che era il capolinea: un reticolo di rotaie e vagoni fermi, più che altro carri merce.

Il lanificio o tessitura De Angeli Frua meritava una breve fermata, poi si proseguiva in direzione di Vobarno, verso la grande ferriera Falk che era un polo siderurgico enorme, dove il grande orologio batteva il tempo.
Per me quello è stato il capolinea.

Siamo tornati sul motocarro Guzzi dello zio muratore, che lavorava in zona.
Invece che sulla panca del tram ero sul cassone del tre ruote. Il mio regalo era consumato.

Ricordi di industrie, strade bianche, strade ferrate, distesi verdi , mezzi rudimentali e viabilità precaria.
Da questo è partito lo sviluppo economico, visto dai miei occhi di bambino.

Da grande c’è il rammarico di quello perso, basato e costruito sulla radice rurale.
Era il  giugno 1964        

Nerino Mora

.in foto: l'incrocio dei Tormini

 
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