La «guerra» dell'acqua continua
La guerra dell’acqua è più accesa che mai in provincia. Circa il 10 per cento dei 206 Comuni bresciani non ha ancora aderito al Consorzio dell’Aato. E non intende farlo.

La guerra dell’acqua è più accesa che mai in provincia. Circa il 10 per cento dei 206 Comuni bresciani non ha ancora aderito al Consorzio dell’Aato. E non intende farlo. Gli amministratori lamentano infatti rincari eccessivi delle tariffe e si dicono «affezionati» alla gestione in economia dei propri acquedotti.

La Regione sta inviando i «commissari ad acta» per piegare la volontà delle singole amministrazioni, le quali a loro volta sperano che nella Finanziaria 2007 passi l’emendamento che cancella gli Ato (considerati enti da sopprimere alla stregua delle comunità montane) passando le competenze in materia di acquedotti e fognature nelle mani delle Province.

NEL FRATTEMPO l’assessore provinciale all’Ecologia Enrico Mattinzoli (presidente del comitato ristretto dell’Aato) ricorda che il tempo massimo per aderire al consorzio è fissato al 31 dicembre 2007 (ma i Comuni scommettono sull’ennesima proroga governativa del decreto Galli, l’ennesima dopo 13 anni). Se non verrà rispettato?

«La Regione ha già fatto troppe proroghe – taglia corto Mattinzoli – quindi non è da escludere che per tutti quei Comuni il cui sistema idrico integrato non è gestito da una società pubblico-privata venga indetto un bando di gara europeo».

Insomma, non è fantascienza immaginare che tra un anno o due a gestire le fogne della Valcamonica o gli acquedotti di qualche paese della Bassa arrivi la società francese Suez Lyonnaise des Eaux o la multinazionale italiana Acea, specializzata in gestione di Ato.

Il perché lo spiega lo stesso Mattinzoli: «L’Ato è stato pensato per migliorare il ciclo delle acque nei comuni italiani; la proprietà delle infrastrutture, pozzi, depuratori, sarà sempre pubblica: si privatizza solo parte della gestione del sistema idrico, per l’esattezza il 60% deve assolutamente restare in mano pubblica, il 40% in mano ad una società privata che deve garantire affidabili standard di gestione».

ALL’ENTE hanno aderito senza difficoltà tutti i Comuni del Garda (gestiti da Garda1) e nell’area centrale della provincia (Brescia, hinterland, Valsabbia, parte di Valtrompia e Bassa), quelle amministrazioni già gestite da Asm.

Hanno abbracciato la lotta ad oltranza una dozzina di comuni dell’area camuno-sebina e una ventina di comuni bassaioli, tutti abituati a gestire i propri acquedotti in economia: hanno rinunciato all’Aato denunciando forti rincari delle tariffe. «Faccio fatica a comprendere questo dissenso, che è innanzi tutto ideologico – spiega Mattinzoli –. L’Aato funziona un po’ come il mutuo soccorso: si spalmano le tariffe sui 206 comuni (la media sarà di 1 euro a metro cubo d’acqua utilizzata, ndr) per raccogliere risorse da ridistribuire sul territorio.

Abbiamo calcolato che nei prossimi 20 anni verranno investiti centinaia di milioni di euro nella nostra provincia. «I Comuni non hanno alternativa – ammonisce Mattinzoli – ricordiamo il caso di Adro: è ricorso al Tar contro l’ingiunzione di aderire all’Aato ma il tribunale in sostanza ha dato ragione alla Provincia».

di Pietro Gorlani
da Bresciaoggi
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