Le pietre raccontano
di Marisa Viviani

È stata riaperta al culto la Chiesa di San Michele di Darzo, un piccolo gioiello d'arte e storia restato chiuso a lungo e sottratto alla frequentazione dei fedeli, ora ristrutturato e riportato ad un nuovo splendore

Ci sono, in ogni città, angoli di territorio che raccontano silenziosamente la storia di una comunità. Spesso, specialmente per chi in quella città vive, passano quasi inosservati, o meglio vengono considerati scontati, perché non sempre si ha il tempo di fermarsi ad ascoltare le storie che raccontano.”
Esordisce così la pubblicazione del calendario di
Palazzi Aperti – I Municipi del Trentino per i Beni Culturali, la manifestazione che dal 9 al 17 maggio apre i luoghi dell'arte e della cultura del territorio, per farli scoprire ai propri cittadini e restituirli alla storia delle loro comunità. Tra gli oltre 70 comuni aderenti, anche Storo ha partecipato domenica 11 maggio all'iniziativa, aprendo alla popolazione la Chiesa di San Michele di Darzo, un piccolo gioiello d'arte e storia restato chiuso a lungo e sottratto alla frequentazione dei fedeli, ora ristrutturato e riportato ad un nuovo splendore.
L'apertura della chiesa è iniziata con la celebrazione della messa, officiata da don Andrea Fava e don Renato Tomio, sottolineata nei momenti significativi dal canto del Coro Parrocchiale di Darzo e Lodrone e dalla musica dei concertisti
Gianfranco Grisi ed Elvio Salvetti. Un breve saluto del Sindaco di Storo Vigilio Giovanelli e la presentazione del programma da parte dell'Assessore alla Cultura Loretta Cavalli hanno dato avvio alla seconda parte della manifestazione, comprendente l'illustrazione dei lavori di restauro eseguiti e il concerto di cristallarmonio e chitarra.
L'architetto Carla Larenza, la dott.ssa Serena Bugna (scienze dei beni culturali), il dott. Matteo Osele (gestione dei beni culturali), la dott.ssa Nicoletta Pisu (Soprintendenza dei beni architettonici e archeologici di Trento), hanno intrattenuto il numerosissimo pubblico con le relazioni relative al proprio campo di competenza, in merito ai lavori di restauro della chiesa.
Un documento in cui viene citato tal Jacobus de Darzo fa risalire almeno al 1085 l'esistenza dell'insediamento darzese; il ritrovamento di una moneta datata, nelle tombe riportate alla luce dagli scavi archeologici, ha accertato la presenza della chiesa originaria nel sec. XIII, mentre la prima citazione della sua esistenza risale ad un documento del 1471; gli affreschi del '500 e del '600 testimoniano il patronato dei conti Lodron sulla chiesa, che in virtù dei benefici concessi dai conti alla comunità di Darzo per servigi ricevuti da alcuni suoi concittadini, era esentata dalle spese di gestione dovute alla Pieve di Condino.
La chiesa antica, di cui sono stati portati alla luce i muri perimetrali, con le tombe, le monete, resti di intonaco affrescato, era più piccola dell'attuale; nei primi anni del '500 venne riedificata con l'inserimento delle volte, forse per opera del bresciano Giacomo Gentilini; un documento del 1537 attesta che la chiesa era già in funzione, e vi restò fino alla costruzione nel 1777 della parrocchiale di San Giovanni Napomuceno. Dopo quella data la Chiesa di San Michele perse importanza, venne spogliata di molti arredi trasferiti nella nuova chiesa e subì danneggiamenti da parte delle truppe
napoleoniche nel 1796, garibaldine nel 1866 e duante la Grande Guerra, venendo usata come bivacco prima e in seguito come officina, dovendo infatti essere nuovamente riconsacrata; nel 1927 furono avviati lavori di manutenzione, ma soltanto tra il 2005 e il 2010 venne attuata una profonda ristrutturazione con risanamento delle strutture murarie e di copertura, il rifacimento degli intonaci, il recupero degli affreschi sopravvissuti, il ricollocamento delle due pale pittoriche del '600. (Carla Larenza)
Il restauro ha riportato così alla luce l'affresco dell'abside, l'elemento artistico più prezioso della chiesa, in quanto precursore dell'arte rinascimentale nella Valle del Chiese, anticipando anche gli affreschi del Castello del
Buonconsiglio di Trento e della Pieve di Condino. L'opera, che rappresenta la crocefissione, riporta la data del 1526 e il nome del committente, un certo Zaneto da Riva, probabile capostipite delle famiglie Zanetti; l'affresco si colloca tra i più belli del Trentino per la sua accuratezza, la sottile cura dei particolari, l'espressività dei volti realistici. L'autore è anonimo, ma la qualità pittorica conduce ad ipotizzare la mano di Alessandro Bonvicino, il Moretto, definito il Raffaello bresciano, che lasciò il segno della sua arte in parecchie chiese, e forse anche in quella di San Michele, considerando l'attenzione riservatale dai conti Lodron. (Serena Bugna)
I lavori di restauro hanno inoltre consentito il recupero di 1500 piccoli frammenti di affresco, ritrovati sotto il pavimento della chiesa e appartenenti alla chiesa originaria. Il minuzioso lavoro di studio e ricostruzione ne ha stabilito la realizzazione, risalente ad un periodo compreso tra il 1480/90 ad opera presumibile del solo Giovanni Bascheris, membro della famiglia Bascheris, di origine bergamasca, che lavorò molto in Trentino. L'antico affresco rappresentava il Cristo Pantocratore benedicente, figura dominante dell'abside, attorniato dai quattro Evangelisti, figure dei Padri della Chiesa, e presumibilmente anche i dodici Apostoli; è certa anche la presenza di una scena dell'Annunciazione, e della Deposizione in cui appare un frate, forse Sant'Antonio di Padova (Matteo Osele)
Lo studio dei reperti, l'osservazione e l'attenzione che va rivolta ai monumenti antichi da parte nostra, gente dell'oggi, consente così di trovare nel lontano passato le ragioni del tempo presente e le motivazioni per progettare il futuro.
- Dobbiamo imparare ad ascoltare le pietre, gli intonaci, il sottosuolo – ha raccomandato Nicoletta Pisu della Soprintendenza dei beni architettonici e archeologici di Trento – per recuperare i monumenti al loro uso. Le chiese erano uno spazio pubblico dentro la comunità, dovevano essere ben tenute, anche per coltivare la spiritualità. Ogni pietra è viva, e anche noi possiamo essere pietre vive della nostra storia. -
Il sintetico riepilogo delle interessanti relazioni degli esperti, può essere così uno stimolo alla curiosità per una visita del luogo, la cui dimensione storica, artistica ed umana percepita dal vivo è certamente più coinvolgente di ogni parola. In questa chiesa, che ha mantenuto una unità di struttura abbastanza rara, con scarse contaminazioni stilistiche e una estetica sobria e lineare, si respira un'atmosfera di raccoglimento, serenità e memoria, in cui tutti, credenti e agnostici, possono ritrovarsi in un momento di riflessione lontana dal molesto vortice della quotidianità; in ogni caso potendo apprezzare il genio e la creatività umana di chi prima di noi ha lasciato un'impronta indelebile del suo passaggio.
La manifestazione ha avuto anche dei momenti veramente emozionanti con il concerto di musica tenuto dal Mº Gianfranco Grisi (cristallarmonio) e dal Mº Elvio Salvetti (chitarra). I brani musicali intervallati alle relazioni degli esperti hanno contribuito a creare un'atmosfera di quiete interiore e di armonia che raramente è possibile ritrovare nella vita convulsa delle nostre giornate; merito, oltre che della perizia dei musicisti, dell'affascinante cristallarmonio (1), uno strumento capace di creare suoni dolcissimi e melodiosi ed elevare il pensiero ad alte idealità di bellezza e pace; un'esperienza musicale ed artistica di notevole livello qualitativo e di grande impatto emotivo, da non perdere all'occasione.
Al termine della bella manifestazione, il signor Giorgio Parmiani ha portato i ringraziamenti per la collaborazione alla Provincia di Trento, al Comune di Storo, alla Cassa Rurale di Darzo e Lodrone per i contributi a finanziamento del progetto di restauro, alla comunità di Darzo per l'autotassazione a sostegno delle opere, alle maestranze per la disponibilità e la competenza; un particolare ringraziamento è stato rivolto anche al quindicenne Lorenzo Rinaldi, per aver addobbato la chiesa con decorazioni floreali che denotavano sensibilità creativa e gusto estetico.

                                                                                                 

(1) Il cristallarmonio (armonio a bicchieri) è una versione moderna della glassharmonica (o arpa a vetro o a bicchieri), di origine nordica, conosciuta anche da Gaetano Doninzetti che la introdusse nella sua opera Lucia di Lammermoor; Gianfranco Grisi perfezionandola ne ha fatto uno strumento di eccezionale musicalità. Grisi & Salvetti con le loro suggestive musiche sono richiesti in tutto il mondo.

Nelle foto di Luciano Saia: Il fregio sul portale di ingresso alla Chiesa di San Michele di Darzo, con lo stemma dei conti Lodron; l'interno della chiesa durante la celebrazione della messa; l'affresco dell'abside; il concerto di Gianfranco Grisi (cristallarmonio)  ed Elvio Salvetti (chitarra).

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