Primavera in valle
di Itu

Conoscere i misteri che caratterizzano le stagioni ci aiuta a stare a contatto con le nostre parti più profonde e "naturali"



Sono i giovani che possono sopportare la primavera, che sanno scucirsi di dosso i maglioni invernali rischiando il raffreddore, che veleggiano con i loro capelli in aria e i grembiuli aperti e gonfi del soffio dispettoso, con quell'aria di sonno risvegliato che è proprio giusto ad ogni cambio veloce di cielo.

Ma siccome tocca attraversare questo tempo anche a chi si è caricato degli anni e che sa che ogni primavera ha sempre un consiglio nuovo fino in fondo ai nostri giorni, bisogna conoscere le regole .

Guardo il cielo e sembra si rompa come cristallo al primo acuto di soprano da quanto risplende di luce: l'inganno è dentro quella pressione alta, si rabbrividisce di quella luminosità che taglia di netto il paesaggio, basta un refolo appena sospirato sul mezzogiorno che monta subito una nuvolaglia spumosa dapprima biancastra ma che s'impazzisce come maionese sbagliata di mano e vira nel grigio e minaccioso scuro pomeridiano.

Dal brivido mattutino vibrante di luce si passa al calo pomeridiano post pranzo che scolora di colpo tutti i propositi in mal di testa che assordano le orecchie, in rigurgiti acidi a scontare gli sgarri a tavola, in dolenzie vaghe dei nostri scheletri usati.

Eppure fuori è pieno di colori, di fiori che ci aspettano, di cinguettii e fremiti di grilli, di frutta che comincia a nascondersi tra le foglie a promettere il suo succo.

La tentazione sarebbe di riposare tutto questo concerto e chiudersi ancora al buio: una tentazione velenosa.

L'unica cosa che la primavera sa guarire è la voglia di guardarsi in faccia, uscire di casa la medicina per sterminare ogni male.

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