Queste donne
di Itu

Passata la festa quale dimensione vogliamo dare ai dati di violenza che in diversi modi le donne (anche gli uomini) subiscono?



Siamo andati oltre, oltre la data che ricorda le vittime affumicate e bruciate nelle fiamme della fabbrica traditrice, quella fabbrica che si rubò giovinette, donne attese dai loro figli per essere allattati, anziane logore di vita da spremere tra i macchinari.

Oltre l'olezzo delle mimose, oltre il rumore strisciante, oltre i silenzi delle donne atterrite e le grida di chi ancora può ribellarsi alla violenza.

Oltre le statistiche che fanno notizia e diventano numeri inconsistenti di poverelle pasto di questi tempi bui.

Se non vedessi con i miei occhi lo scempio che sta accadendo dentro le nostre famiglie direi che sono entrata in un cinema sbagliato: peccato che sono io che devo registrare e registrarmi sui risultati di illusioni sfiorite.

Confrontandomi con una donna che crede di essere salva mi sento rabbrividire: in valle va di lusso se non le prendi, se il consorte non beve e gioca i soldi della famiglia, se ti tradisce con discrezione.

Quale condivisione e confidenza allora ai nostri uomini? Cosa raccontare ai nostri figli?

Forse che bisogna resistere imparando a separarci nei progetti quotidiani per non irritare i maschi impoveriti dei loro gadget da confrontare?

So solo che oggi i miei pensieri si intorbidiscono mescolando un sugo, stirando una camicia, disinfettando il water con la candeggina.

Oppure che i diritti delle donne vengono interpretati come armi nei confronti degli uomini che devono controllare il nostro lavoro, come i tempi di gestazione, di allattamento e i permessi per assistere i figli.

Ma chi le ha inventate queste donne?
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