Con Dalla Chiesa a parlare di legalità e di mafia
di Ubaldo Vallini

Il teatro parrocchiale di Barghe ha fatto il pieno l'altra sera. per capire come mai la criminalità organizzata di stampo mafioso è sempre più fra noi



La legalità come valore: quando si parla di criminalità organizzata, quando si fa riferimento a coloro che hanno perso la vita per perseguirla fino in fondo, ma anche ogni giorno per ciascuno di noi.
Legalità come presupposto perché possa esserci giustizia, ma anche responsabilità, diritti e doveri, appartenenza e narrazione.

Parole e sostanza, venerdì sera a Barghe.
Per l’occasione, nel teatro parrocchiale colmo su invito dell’Amministrazione comunale, dietro a spunti di riflessione proposti dal direttore del Giornale di Brescia Giacomo Scanzi che ha moderato la serata, sul tema “Vie alla crescita della legalità”, sono intervenuti Nando Dalla Chiesa e Gianantonio Girelli.

Uno docente di Sociologia della criminalità organizzata alla Statale di Milano, presidente onorario di Libera fondata da don Luigi Ciotti, figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso da Cosa Nostra.

L’altro consigliere regionale e presidente della Commissione antimafia per la Lombardia, organismo di controllo nato in seguito alle infiltrazioni mafiose all’interno della stessa Giunta regionale.

Inevitabile che, nel tentativo di dare sostanza alla parola “legalità”, con questi due si finisse col parlare della Ndrangheta in Lombardia, quarta regione italiana per la presenza accertata di ‘ndrine.

E della provincia di Brescia, che in questa poco onorevole classifica si trova ad essere la seconda in Lombardia dove, per dirla con Girelli, «è dalla disattenzione del poco che un po’ alla volta si costruisce quel brodo culturale dove di insediano l’illegalità ed il comportamento prima omertoso e poi malavitoso».
C’è un filo diretto, insomma, che lega i comportamenti poco rispettosi del singolo e i grandi fatti di mafia che ottenebrano la società.

E poi c’è tutta la partita delle appartenenze, che sono insieme il fiammifero, ma anche l’acqua per spegnere il rogo delle mafie: «Arrivano da noi spesso come manovali o piccoli imprenditori edili, cominciano dai paesi come i nostri di 2/3 mila abitanti dove un po’ alla volta riescono a condizionare i Consigli comunali – ha detto Dalla Chiesa -. Fanno rete confidando in un’identità forte. Qui trovano una società disgregata, attenta soprattutto alle convenienze e per questo vincono».

«Noi siamo come l’impero romano in declino, che ha bisogno dei mercenari per difendere i confini – ha aggiunto -. L’unica cosa che possiamo spendere contro di loro è un’identità “buona”, quella che ti fa sentire orgoglioso di aderire ad una comunità di persone che crescono nella legalità, appunto».

«Andiamo a casa con una responsabilità in più, perché sappiamo che dobbiamo partire da noi stessi e dal nostro esempio» ha concluso il sindaco Giovan Battista Guerra.
 
140301_Dalla_Chiesa_1.jpg 140301_Dalla_Chiesa_1.jpg 140301_Dalla_Chiesa_1.jpg 140301_Dalla_Chiesa_1.jpg