«Distanza ravvicinata»
di Salvo Mabini

Secondo una prima analisi, il colpo di fucile che sabato scorso ha ucciso il ladro albanese a Serle, sarebbe stato esploso da una distanza ravvicinata

 
Lo confermerebbe l'autopsia eseguita ieri di fronte ai periti di parte, che ha rilevato nella vittima un foro di ingresso fra il torace la spalla sinistra del diametro di tre/quattro centimetri.
Un dato che potrebbe essere compatibile con uno sparo avvenuto da una distanza di poche decine di centimetri, ammesso che l'arma fosse caricata a pallini o pallettoni.
 
In più occasioni, infatti, è stato affermato che quello era lo stesso fucile calibro 12 utilizzato al mattino per una battuta di caccia al cinghiale, specialità che prevede l'utilizzo di cartucce a "palla unica", che bucano a quel modo anche a distanza.
Questo è un elemento di chiarezza che ancora manca.
 
Ad ogni modo, durante l'interrogatorio del mattino avenuto a Canton Mombello, Mirko Franzoni avrebbe confermato il racconto già fatto al suo avvocato, che è poi la versione iniziale resa anche ai Carabinieri che l'hanno arrestato.
Non avrebbe cioè avuto intenzione di uccidere il ladro ed il colpo sarebbe partito per errore durante una colluttazione, quando il 26enne albanese gli si è fatto sotto per togliergli l'arma e fuggire.
 
Restano quelle due ore di ricerca e di appostamenti senza che nessuno chiamasse i carabinieri, col fucile in spalla, dove il cacciatore sapeva benissimo che il ladro sarebbe dovuto passare.
Resta la disperazione di un paese intero precipitato in un incubo.
 
 
 
 
 
 
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