A cena per il 50°
Nel mezzo del cammin di nostra vita... mi ritrovai ad una cena dei coscritti. Potrebbe cominciare cos la lettera di Bruna, che invece riporta un'altra lettera, quella di Massimo. Noi pubblichiamo


Caro direttore, in occasione della cena dei coscritti di Casto e Mura, per il 50 della classe 1963, che ha avuto luogo il 30 novembre 2013, il coscritto Massimo ha letto questa sua riflessione sulla nostra verde età, merita di essere condivisa, anche per ringraziarlo, con tutto il nostro affetto. Ci piacerebbe fosse pubblicata su Vallesabbianews.
 
Ricordi d’infanzia della classe 1963
Cari coscritti e coscritte, è profonda l’emozione nel renderci conto di esser giunti ad un traguardo importante ancorchè simbolico del cammin di nostra vita: 50 anni son passati dall’anno del nostro arrivo a questo mondo.
Un traguardo non certo agognato come per aver vent’anni, ma pur sempre un traguardo che il destino ci ha consentito di raggiungere con dignità, sobrio benessere e generale buona salute.
 
Qualcuno di noi, ci ha purtroppo prematuramente abbandonato, ricordiamo i compianti amici Emilio e Pierluigi. Ricordiamoli pensando come consolazione, che rimarranno per sempre giovani e belli nei ricordi. Gli antichi dicevano: “Chi muore giovane è il più caro agli Dei, per questo gli Dei lo voglion presto con loro”.
 
Cari coscritti e coscritte, girandoci a guardare il tempo sin qui vissuto, dobbiamo anche dire che 50 anni son trascorsi veloci. Abbiamo vissuto un’epoca fortunata e nemmeno ci pensavamo, non ci sono toccate le guerre, la povertà, le miserie, le troppe tremende fatiche dei nonni e dei genitori e nemmeno le troppe incognite sul futuro che sembrano toccare ai nostri figli.

Più di tutto ricordiamo l’infanzia.
Eravamo bambini negli splendidi primi anni ’70. A scuola ci mettevano le braghette corte o la gonnellina con la blusa nera ed i fiocchi rosa e blu, le signore maestre erano ancora autorità e severa legge e per ultimi ci siam macchiati con pennini, carta assorbente e calamaio.
Si giocava a “cip”, a “vegna”, a spade, a palla avvelenata, a quadrato, a elastico, a biglie, a figurine, a soldatini e perfino a palla in aperta strada con le macchine poche e rare.

Ci mandavano a far la spesa con il libretto, a prendere il latte con la bottiglia o il pentolino, dal dottore per le ricette con 100 lire in mano.
La Messa e servir Messa erano un obbligo giornaliero. Le prendevam spesso, anche a bacchettate, perfin dai preti, dai maestri e dalle esasperate (da noi), signorine in colonia al mare, dove giocavamo a “barbanzè” e a tappi sulla sabbia tutti vestiti uguali.
 
La televisione era in bianco e nero con Rintintin, Lassie e Carosello , il telefono al bar, non tutti avevamo ancora il bagno in casa e a qualcuno toccava pure lavorare come doposcuola. C’erano ancora le mucche nel paese e i maiali sotto casa.
Gli “spasulì” dei “fosenecc” tutti neri, con il cappello di giornale in testa ci rincorrevano per sporcarci i musi.
 
Il Gaudenzio vendeva “biline” e liquerizie e noi coraggiosi le mangiavamo.
Personaggi unici, che ci sembravano usciti da un altro tempo abitavano i paesi, alcuni taciturni e schivi, altri più allegri e loquaci che stuzzicavano le nostre fantasie di bambini.
 
Nelle fucine battevano ancora i magli, mentre le donne andavano alle fontane. C’erano ancora in paese le ortaglie e le cascate delle seriole, dove, quando vuote, infilzavamo sadici le “bosole” con le forchette alzando i sassi.
Erano nei “goi” i bagni estivi e sulle “rie” dei prati, bianchi per mesi, le sciate invernali con slitte e “troll”.
 
Santa Lucia era magica davvero, anche se un po’ più povera di adesso.
Le osterie, piene di gente a tutte le ore, erano fumose e dalle calde stufe, con le caramelle sciolte nei grandi vasi, la gassosa, la spuma ed il gelato da 50 o 30 lire.
 
Abbiamo conosciuto nonni contadini, dai volti antichi vestiti ancor di nero, bastone e cappello in mano, offrirci caffè d’orzo e rosolade o pan con vino e zucchero. Abbiamo conosciuto pie nonne curve e sagge, con scialli e fazzoletti neri in testa, che avevan lavorato come cento Ercoli nella vita, che ci coccolavano, raccontandoci storie e favole da loro sole conosciute.
Dappertutto c’erano odori, colori, cose, abitudini, tipi di persone che non ci sono più, abbiamo visto un mondo antico che se ne stava andando e quello nuovo che stava arrivando.
 
Poco più tardi le medie e quasi tutti presto al lavoro che ce n’era in ogni angolo, perfino troppo.
I primi amorini seduti sui Juke box , le vespe impennate, le discoteche in ogni buco e poi via veloci negli anni sino al presente.
Ripensarci ora, vivere quel tempo magico dell’infanzia è stato dalla vita un gran bel regalo, a cui in fondo possiamo dire davvero un grosso grazie di avercelo fatto vivere.
 
Facciamoci ora i migliori auguri per gli anni che ci aspettano ancora e che avranno ancora molto da dirci, ci auguriamo trascorrano sereni e piacevoli, ricordandoci sempre di quel tempo verde in cui eravamo forse veramente felici e nemmeno lo sapevamo.
 
Massimo Bondoni
 
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