Ferriera Valsabbia, cassa integrazione per 115
Da oggi, scatterŕ la Cassa integrazione ordinaria per 115 dipendenti dello stabilimento di Odolo della «Ferriera Valsabbia» finita al centro di un’inchiesta su un presunto traffico illecito di rifiuti pericolosi.

Il ricorso all’ammortizzatore sociale era in agenda da tempo ma, la bufera giudiziaria che si è abbattuta sul gruppo siderurgico, ha spinto la proprietà ad anticipare i tempi della fermata produttiva. Così, da oggi, scatterà la Cassa integrazione ordinaria per 115 dipendenti dello stabilimento di Odolo della «Ferriera Valsabbia» finita al centro di un’inchiesta su un presunto traffico illecito di rifiuti pericolosi. Gli operai torneranno al lavoro il 22 ottobre.

L’AZIENDA, sotto sequestro giudiziario da sette giorni, venerdì aveva ottenuto dalla procura di Napoli il permesso di riattivare i forni e il laminatoio ma ieri ha comunicato ai sindacati il fermo del l’acciaieria. «Il ricorso alla Cassa integrazione - precisa una nota della Fiom Cgil - era già stato annunciato il due ottobre. Lo stop permetterà di effettuare inteventi sulle vie di corsa dell’acciaieria». Saranno dunque regolarmente al lavoro meccanici, elettricisti e i gruisti del parco billette. L’accordo siglato fra proprietà e sindacati prevede la garanzia del 100% della retribuzione e il riconoscimento di tutte le voci contrattuali. «La direzione della Ferriera Valsabbia - conferma Antonio Ghirardi (Fiom) - ha anche confermato che le giornate perse durante il sequestro saranno pagate dalla Ferriera Valsabbia».

SUL PIANO GIUDIZIARIO, i tempi di un possibile dissequestro si annunciano siderali: l’udienza davanti al Tribunale del riesame potrebbe essere fissata soltanto a novembre. E in ogni caso bisognerà attendere l’esito dei nuovi esami sui campioni prelevati dai carabinieri del Noe che domani torneranno ad effettuare un sopralluogo a Odolo e alla «Faeco», la seconda azienda bresciana finita nel mirino della magistratura partenopea. Ieri, Gianbattista Chiodi e Cristina Mazzucchelli, rispettivamente presidente e manager della società specializzata nello smaltimento del fluff, sono stati ascoltati a Napoli dal pm Maria Cristina Ribera. Un colloquio di pochi minuti alla presenza del legale Luigi Frattini, chiesto dai due indagati per ribadire la totale estraneità al giro di scorie pericolose. Intanto il curatore giudiziario Stefano Cola ha sbloccato l’asset amministrativo e finanziario della Faeco che potrà effettuare fatturazioni, ricevere pagamenti e riallacciare rapporti con i propri partner. La discarica resta invece sotto sequestro: un problema per la Faeco ma anche per la pletora di industrie lombarde che conferiscono fluff a Bedizzole, unico centro del Nord Italia a trattare per conto terzi lo scarto non metallico delle carcasse di auto. «Non possiamo fare previsioni sulla riapertura degli impianti - osserva Giambattista Chiodi -, ma con il passare dei giorni la posizione della Faeco vada chiarendosi.

Lo sblocco amministrativo è un passo importante, il primo, ci auguriamo verso la ripresa dell’attività». L’inchiesta del pool ambientale della procura di Napoli tuttavia sembra allargarsi. In Campania si susseguono i sequestri di depositi di rottami sospettati di aver partecipato al traffico illecito di rottami ecotossici, spacciati e smaltiti nel Bresciano attraverso false certificazioni, come scorie inerti.

N.S.
Da Bresciaoggi
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