Al lavoro, con tranquillità
di val.

Hanno ripreso a lavorare un po' pi contenti del solito gli operai della Ferriera Valsabbia, dopo 24 ore trascorse a chiedersi che ne sarebbe stato del loro posto di lavoro. Manifestazioni di solidariet nei confronti dell'azienda.

“Qualcuno magari pensa: già che c’erano potevano tenerla chiusa anche sabato e domenica quell’azienda. Certo un discorso del genere non lo facciamo noi che ci lavoriamo là dentro, più volentieri ancora il sabato e la domenica perchè grazie alla maggiorazione del festivo a fine mese ci ritroviamo la busta paga un po’ più pesante, roba che non guasta di questi tempi”.

Sarà per lo scampato pericolo, rispetto al rischio di perdere in quattro e quattr’otto il posto di lavoro, sarà perché la giornata si preannunciava tipicamente autunnale e poco adatta per le attività dello svago, ieri gli operai del Valsabbia sono tornati al lavoro forse più volentieri del solito.
Timori per la salute? E’ stata la domanda a un gruppetto di tre: “Ci hanno fatto le analisi del sangue a tutti che saranno quando, due anni fa? Ci hanno trovati sani né più né meno come gli altri odolesi. Se è vero che la vicenda contestata all’azienda risale al 2.005 come ci è stato detto non vediamo di che preoccuparci”.

Parole pronunciate in libertà, lontane dalle orecchie dei “capi” e protetti dall’anonimato, quindi parole “sentite” come vere.
Del resto nessuno, nemmeno il giorno del sequestro o quello seguente, aveva nemmeno immaginato la connivenza della direzione della Ferriera Valsabbia con l’ecomafia campana o lombarda che fosse.

E non perché i Brunori vengano considerati dei santi: “I padroni fanno i loro interessi, d’accordo – ti dicevano gli operai se gli andavi vicino e li ascoltavi -. Però questi vivono la fabbrica con noi nel laminatoio e in fonderia, ci conoscono uno a uno e respirano la nostra stessa aria. Vuoi che per guadagnare un po’ di più si mettano ad avvelenarci e ad avvelenarsi?”.
La fiducia nella famiglia di imprenditori a capo della Ferriera Valsabbia non è certo un dogma, c’è anche chi con loro ha il dente avvelenato da un pezzo. Però, per gran parte degli odolesi e dei valsabbini, è chiaro che “se accadono lì dentro queste cose, chissà nelle altre aziende”.

Ai Brunori, insomma, in qualche modo viene riconosciuta la capacità di seguire negli anni l’evoluzione della coscienza ecologica. Magari un passo indietro a quello che vorrebbero i sindacati o le associazioni di ambientalisti, ma sempre primi fra gli imprenditori del settore.
Una scelta che ha portato alla continua innovazione degli impianti tenendo conto dei costi della produzione (cosa che ha permesso loro di essere all’avanguardia e di reggere nel tempo anche il mercato), ma anche della salute dei lavoratori.

Che l’avvocato Stefano Mendolia sia convinto che “Gian” Brunori sia estraneo a quanto gli viene imputato è cosa ovvia.
Però lo sono anche i lavoratori e questo era meno scontato.
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