La montagna nel cielo
di Alfredo Bonomi

L'altopiano di Serle è stato strategico per Brescia per molti secoli, essenzialmente per due motivi: per la difesa della città e per l'economia. San Bartolomeo conserva il ricordo di un importante monastero


L’altopiano di Serle è stato strategico per Brescia per molti secoli, essenzialmente per due motivi: per la difesa della città e per l’economia.
Il ruolo difensivo dell’altopiano è evidente.
Partendo da esso, punto dominante del Pedemonte dal quale si potevano controllare due arterie assai importanti per Brescia, quella per il Garda e quella per il Nord attraverso le “Coste di Sant’Eusebioâ€, si giungeva, via monti, direttamente a Brescia senza percorrere strade di facile controllo.
Prima che i veneti isolassero il colle Cidneo dai Ronchi da Cariadeghe si arrivava alle porte del castello con le conseguenze del caso.
 
Dal punto di vista economico il vasto altopiano è stato determinante per il valore degli estesi boschi, che sono stati la riserva energetica della città, tanto da mutare più volte la tipologia delle piante esistenti per lo sfruttamento eccessivo praticato.
È evidente che queste motivazioni, insieme a quella religiosa di bilanciare il potere di altri importanti monasteri, in primo luogo quello potentissimo di Leno che non dipendeva direttamente dal Vescovo, hanno pesato sulla decisione del Vescovo di Brescia, Olderico, di dar vita nel 1039 ad un monastero dedicato a S. Pietro, posto sulla sommità del “monte Orsinoâ€, una montagna che si alza nel cielo a forma di cono, superbamente svettante sopra l’altopiano, ma anche ben visibile da un vasto territorio che va dalle colline del Pedemonte alla pianura bresciana.
 
Probabilmente una chiesetta preesistente, forse luogo caro a qualche eremita, ha lasciato il posto a una imponente costruzione comprendente ambienti per ospitare i pellegrini, magazzini per i prodotti provenienti dalle vaste terre donate al monastero, stalle, fienili, cantine, un chiostro di notevoli dimensioni, la biblioteca con l’archivio, gli alloggi per i monaci e per l’abate ed una loggia dalla quale egli esercitava la sua autorità spirituale ed economica, ed infine una grande chiesa.
 
In sintesi il “monastero di S. Pietro†era ubicato sulla sommità del “monte Orsinoâ€, a stretto contatto con il cielo, in una posizione ideale e di grande impatto emotivo, per comunicare meglio il ruolo spirituale e sociale svolto dal cenabio e dalle preghiere dei monaci per alcuni secoli prima della decadenza.
 
La grande chiesa, a croce latina, di m. 37x26 a tre navate, con una cripta sotterranea di straordinaria ampiezza, con un tiburio posto tra la navata ed il transetto simile a quelli di altri Priorati benedettini lombardi, prolungava la sommità del monte di almeno 20 metri ed era il segno più evidente di un prestigio e di una potenza indiscussa.
 
I lavoratori sparsi sull’altopiano a tagliar legna e ad accudire le mucche, le pecore e le capre, gli abitanti dei borghi, i commercianti in transito sulle strade più basse, i pellegrini ed i devoti in cammino per la fede, gli eserciti in transito e le bande di sbandati dedite alle violenze e alle rapine, non potevano far a meno di levare lo sguardo verso questa imponente chiese preceduta da una grandiosa scalinata d’accesso che modellava le balze del monte trasformandole, da pendio ripido e selvaggio in esplicito invito a raccogliersi sotto le silenziose navate della chiesa per riflettere in profondità e per scordarsi delle “piccolezze del mondoâ€.
 
Dopo un periodo di prosperità economica basata su vasti possedimenti ubicati nella montagna di Serle, nella pianura sottostante, nella zona del Garda, nella Valle Sabbia ed in quella del Garza, lentamente venne il declino.
Le cause di questa decadenza sono parecchie ma una considerazione storica diventa portante per comprendere il fenomeno.
La tendenza all’indebolimento del potere economico e politico del “contado†a favore delle città si consolidò in Italia nei secoli XIII e XIV. Così avvenne a Brescia.
 
Il ruolo strategico del “monastero di S. Pietro in monte Orsino†declinò. Il trasferimento dei monaci prima a Nuvolento e poi a Brescia, era già un dato di fatto nel 1332, anno dal quale non risultavano più firmati documenti in “S. Pietro in Monteâ€, dove era conservato un prezioso e ricco archivio.
Nel 1435 il Papa Eugenio IV, sopprimeva di fatto il convento inglobandolo in quello di S. Pietro in Oliveto a Brescia.
Così terminava la storia attiva del monastero di Serle ed iniziava la decadenza che vedeva gli ambienti del monastero ridotti a ruderi e l’imponente chiesa crollare.
Tra i ruderi non si aggiravano più monaci in preghiera ma gruppi di armati e di sbandati.
 
Il ricordo dell’antico prestigio e del ruolo spirituale svolto per Serle e per la popolazione della zona non poteva però essere scordato; così la pietà e la generosità dei fedeli, sui ruderi della vasta e scenografica chiesa del monastero, nella seconda metà del 1400 fecero sorgere una chiesa più piccola, di stampo rinascimentale, dedicata a S. Bartolomeo, arricchendola di notevoli affreschi per continuare una lunga “storia spiritualeâ€.
Anche questa seconda chiesa subì l’inclemenza del tempo perdendo quasi totalmente le sue forme originarie con conseguente grave deperimento, sino a quando la Parrocchia, alla quale era pervenuta in proprietà, promosse un interessamento per “ridare†a Serle il suo monastero.
 
Negli ultimi tempi un apposito “Comitato pro S. Bartolomeo†ha fatto miracoli ponendo questa chiesa non solo al centro delle considerazioni e degli approfondimenti storici ma legandola a quella “appartenenza profonda†che muove le comunità quando decidono di riscoprire il loro passato. I restauri effettuati, oltre a permettere di comprendere la grandiosità del monastero, hanno ridato una logica articolazione ed una funzione agli ambienti recuperati.

La visita alla chiesa è ampiamente ricompensata da quel che si vede. Gli affreschi superstiti, datati intorno al 1510 come il “polittico†nella parete di fondo dell’abside, attribuiti ad una “Bottega†attiva in Valle sabbia ed in Franciacorta dal 1510 al 1540, sono eloquente segno di quell’arte che ha lasciato corpose testimonianze in molte chiese del territorio bresciano.
La salita da Serle verso S. Bartolomeo è un’emozionante escursione nella natura e nella storia.
La chiesa, posta all’interno della Riserva Naturale dell’Altopiano di Cariadeghe, è circondata da rigogliosi boschi di castagno, faggio e betulla, caratterizzati da una flora originale e assai varia, recentemente egregiamente illustrati da una bella pubblicazione.
 
L’ambiente naturale è arricchito anche da un sottosuolo “carsicoâ€, di notevole interesse speleologico, con grotte e corsi d’acqua sotterranei.
Mentre in questo ambiente così particolare, a “due passi†dalla città, ci si avvicina alla sommità del monte pensando al cammino dei monaci, dei pellegrini e di coloro che andavano dall’abate per regolare le pendenze economiche, per godere della vista, per riposare o per riflettere in preghiera, lo sguardo si posa su un ampio paesaggio che va da Lago di Garda alla Pianura Padana, alle Prealpi Bresciane, agli Appennini.

Il sentimento dominante è modulato dal “silenzio della natura†e dalla “parola della storiaâ€; è immediata anche la riconoscenza per gli uomini che hanno permesso di poter nuovamente godere del monastero.
 
Naturalmente al ritorno sull’altopiano non mancano le possibilità per permettersi una sosta ristoratrice del corpo con l’assaggio di prodotti tipici.

Alfredo Bonomi
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