Oggettivo e soggettivo
di Dru

L'oggettivo o il soggettivo della cosa, che è ciò che in filosofia è definita la certezza o l'incertezza di un giudizio, risulta come dell'ente ciò che corrisponde verosimilmente del pensiero l'oggetto pensato

Oggettivo è il soggettivo universale

Soggettivo è l’oggettivo individuale

Più l’oggetto è riconosciuto corrispondente al pensiero, indipendentemente dal soggetto pensante, e più quest’oggetto è considerato (riconosciuto) oggettivamente; meno l’oggetto è riconosciuto corrispondente al pensiero, dipendentemente dal soggetto pensante, e più quest’oggetto è considerato (riconosciuto) soggettivamente;

Ma chi riconosce cosa ?

Più l’oggetto è riconosciuto individualmente dal pensiero, dipendentemente dal soggetto, e più quest’oggetto è considerato soggettivamente.
Meno l’oggetto  è riconosciuto individualmente dal pensiero, indipendentemente dal soggetto, e più quest’oggetto è considerato oggettivamente.

Che all’interno di una categoria si modulino differenti e varianti forme del contenuto è da Aristotele che si mostra la loro verità. Tra bello e brutto, fra i contrari all’interno di una stessa categoria, c’è il più o meno bello e il più o meno brutto.

E il meno brutto è il più bello.
E il più brutto è il meno bello.

L’uomo può quindi diventare da bello a brutto ma non da uomo a pesce, non vi è movimento tra i contraddittori, vi è solo fra i contrari.

Tra oggettivo e soggettivo, che fanno parte della stessa categoria, la categoria dell’empirico o di ciò che è “interesse†all’interno della categoria, che Kant definiva del “giudizio sintetico a posterioriâ€, i giudizi che hanno come fondatezza l’esperienza, vi è il più o meno oggettivo.

E il meno oggettivo è il più soggettivo.
E il più soggettivo è il meno oggettivo.

Ma la filosofia definisce i confini e, se ne ha la potenza, li supera.

In che senso dico questo?

E se il meno brutto o il meno oggettivo vuole essere il bello e il soggettivo simpliciter?
Perché il pensiero è su questo che si è interrogato fin dalle origini, il senso comune aveva appunto già definito il verosimile o certo, la filosofia si è interrogata invece sui valori, per ciò che valgono indipendentemente da qualsiasi pensiero particolare o generale a definirli tali.

Il bello simpliciter per essere tale non deve avere alcunché del brutto, semplicemente deve opporvisi e non essere relativamente il meno brutto, deve essere bello in sé e non definito per altro o sottoposto a qualsiasi verifica e rettifica da parte di un soggetto pensante.

Ecco la fondazione del valore o definizione di concetto..., la bellezza, il concetto puro, il concetto analitico a priori che secondo Kant  ha questa pretesa di universalità, è impossibile (contraddittorio) come è impossibile (contraddittorio) il vero  quando privo dell’esperibilità.

Ma un bello e un vero dipendenti dall’esperibilità, donano all’esperibilità la massima potenza depotenziando l’essenzialità del vero e ridonando la potenza al reale indipendentemente dal pensiero.

Perché dico questo ?

Perché una verità di ragione  che dipenda dall’esperienza non è più una verità di ragione ma può essere solo una verità di fatto.
Le verità di ragione sono verità che mostrano la contraddittorietà anche di ciò che non è un fatto, anche di ciò che non appare fenomenologicamente, anche di ciò che ha come contenuto il fenomenologico.

Le verità di fatto sono verità che mostrano la contraddittorietà solo di ciò che è un fatto, di ciò che appare come fenomeno.
Sono le verità di fatto che, in base al loro apparire, definiscono le nostre certezze, relegando la ragione a mera funzione, allora “tutto†ridiventa (lo era nella fase prefilosofica) più o meno oggettivo e i valori diventano interessi.

Il contraddittorio riesce ad esistere, ma è un’esistenza voluta e come tale è un’esistenza impossibile che vuole diventare possibile, come tale è un esistenza contraddittoria appunto, che non vuole essere contraddittoria.
 
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