Vallio contro Serle a suon di bocce
di Redazione

Sarŕ Vallio Terme ad ospitare la disfida con Serle a l'ingalostro o lengalosta, una gara di bocce che si disputa nei prati e che dura fino a sera

La Pro Loco di Vallio Terme e di Serle invitano la popolazione a sostenere le squadre nella 4° edizione dell’escursione folkloristico-sportiva imperniata sulla riscoperta di un antico gioco delle bocce molto in voga in passato nei paesi di Serle e Vallio Terme, la lengalosta, come viene chiamato a Serle, o l'ingalostro, come viene chiamato in quel di Vallio.
Otto sfidanti valliesi e otto serlesi si cimenteranno domenica prossima in un gioco dalle regole antiche sostenuti dall’incitamento di spettatori al seguito e dal folclore musicale offerto da coristi e musicisti dei due paesi uniti in un simpatico gemellaggio.
Il ritrovo a Vallio è previsto per le ore 8,30 presso il piazzale di via Caschino e poi inizierà una sfida tanto attesa.
Alla conclusione della disfida sarĂ  allestita una serata di chiusura con spiedo e intrattenimento organizzate dalla Pro Loco di Vallio Terme presso una sua struttura.

La lengalosta (Serle) o l'ingalostro (Vallio) è un gioco, come quasi tutti quelli riguardanti l’utilizzo delle bocce, praticato più dagli adulti che dai bambini.
Fino alla metà degli anni Cinquanta, infatti, a Salvandine (Serle) era consuetudine, per gli abitanti di questa contrada, riunirsi per festeggiare la Pasquetta in maniera piuttosto insolita: venti uomini, uno per famiglia, solitamente il capofamiglia o, in assenza di questi, il primogenito maschio, si sfidavano in un’interminabile gara di bocce. Ognuno portava con sé la propria, di legno, come era consuetudine a quei tempi e molte avevano impresso a fuoco il soprannome del proprio casato.
Mentre a Vallio Terme, fino al 2006, la gara di bocce, veniva proposta come tradizione nel Palio delle contrade, dove un uomini, accompagnato dalle donne si sfidavano per i campi della Valle.

Usando la strada sterrata come campo di gioco, oppure alcuni scorciatoie acciottolate, lanciavano il pallino e poi le bocce.
Colui che si avvicinava maggiormente al pallino, conquistava un punto ed aveva il diritto di impugnare un lungo bastone decorato detto “testémone” e, con quello in mano, aveva l’onore di creare un lancio particolare con uno stile personalissimo: chi tirava sotto gamba, chi girando la schiena, chi con la mancina, chi con entrambi le mani e…….non bastando, la fantasia si esprimeva anche in brevi frasi o motti che tutti i concorrenti dovevano ripetere correttamente pena la riduzione del punteggio.
Il tutto veniva valutato con una votazione assegnata da un giudice di gara o capo gioco ed inserito in una classifica.
Poi si continuava: un altro tratto di strada, un’altra partita, un altro stile, l’ennesima facezia e, così via, percorrendo circa i ¾ del paese in un saliscendi continuo.

Il gran vociare, le sonore risate e la polvere sollevata mettevano sete e, allora, ad ogni osteria c’era una pausa ristoratrice con vino novello, uova sode, salame fresco e una “cantadina” tonificante.
Lo svago non era riservato solo ai giocatori, ma anche ai molti curiosi che seguivano la kermesse incitando, schernendo, cantando e bevendo.
All’attraversamento di ogni contrada il loro numero aumentava sensibilmente: le donne e i bambini osservavano, gli uomini si accodavano all’allegra brigata.
La conclusione, al tenue lume delle lucerne, avveniva a sera inoltrata proprio nel luogo da dove il tutto aveva avuto inizio.
Lì si sommavano i punteggi e, stilata la classifica, il vincitore riceveva in premio un fiasco impagliato artisticamente di buon vino rosso che doveva tracannare a garganella, seduta stante, ricevendo il plauso della frazione.
L’anno successivo era suo l’incarico di rimettere in palio il fiasco pieno di buon nettare e di dare il via alla nuova competizione.

Nei decenni successivi, purtroppo, la tradizione subì variazioni nel numero dei giocatori, nell’origine degli stessi e nel premio in palio.
Il simbolico titolo di “Vincitore dell’Ingalostro o Lengalosta” venne sostituito da un compenso in denaro, perdendo, così, irrimediabilmente la propria originalità.

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