La vita contro
di Itu

Tra illusioni e realtà, la fatica di attraversare la vita e non sapere dare un senso

 
Nell’incertezza dei tempi che attraversiamo mi sento strappata nella mia mezza età: da adolescente pensavo che a quarant’anni sarei stata solo una vecchietta squinternata, nella realtà ho iniziato il mio percorso di mamma e non avevo tempo di darmi dei segni.

Una madre attempata o solo frutto di epoche che si sono prese gioco degli ormoni tenuti in fresco dagli esordi di prevenzioni, cure e ritmi ingannevoli?

Perché da adolescente la mia visione sulle quarantenni si fermava su un odore un po’ pieno di passito, di un filo di perle discreto sotto la pelle cedevole del collo, di un orlo di gonna che copre la rotula del ginocchio un po’ grinzita, di palpebre che pesanti si arrotolano sopra l’occhio.

In un turbinio di invenzioni di comunicazioni nuove  le quarantenni sono diventate l’alba della vita di donna, in corsa a tentare la maternità sempre oltre o a mischiare le carte del lavoro e della famiglia che in un batter d’occhio è diventata una trappola per non saper più dare un ruolo.

A cinquant’anni doveva essere il momento di mettere i remi in barca, di sentire la nostalgia del nido vuoto e di intenerirsi per i nipotini: pagherei a sapere chi possa permettersi tale programma tra bollette da pagare, figli adolescenti in piena contestazione e il temibile tempo dove le risorse esaurite non avranno in bilancio alcuna pensione.

Giovani per forza o solo spiritati di un tempo che ci terrorizza?

Non mi piace l’idea che tra dieci anni la corrente mi sbatta contro il modello di un corpo piegato dai colpi dell’anzianità a cercare risposte giovanili, c’è qualcosa che non torna quando il presente non lascia speranza ad un più calmo divenire.
 
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