Leali-Klesch, Fiom: «No al prendere o lasciare»
di Redazione

Non si è fatta attendere la risposta del sindacato dei meccanici Cgil chiamato in causa sulla questione della cessione della Leali al gruppo svizzero e per voce del segretario provinciale risponde alla nota di Aib

 

È giunta a stretto giro di posta la risposta della Fiom, chiamata in causa in una nota di Aib sulla trattativa della cessione della Leali al gruppo svizzero Klesch.

Francesco Bertoli, segretario provinciale dei metalmeccanici Cgil, in un comunicato, sottolinea che «la Leali è in concordato preventivo, pertanto non è la Fiom che mette a rischio di posti di lavoro, lo sono già». In merito alla proposta di Klesch spiega che, il progetto industriale, «per avere gambe, deve contare su tutti i dipendenti del gruppo», compresi quelli di Roè e della Laf. Ricorda «che la Fiom ha sempre illustrato ai lavoratori ogni variante» della partita «e, a differenza di altri, ha portato in assemblea una propria elaborazione», anche economica. Ritiene la «trattativa aperta: se altri vogliono chiuderla, se ne assumano le responsabilità».

Quindi pone alcuni quesiti. «Davvero si crede che un gruppo come Klesch», basa «il prendere o lasciare per la vicenda Leali su eventuali risparmi che avrebbe nel tempo, rinunciando ad altri» benefici «e agevolazioni che avrebbe con il piano presentato dalla Fiom e condiviso dai lavoratori? Davvero non si vede il preciso approccio politico che il prendere o lasciare pone soprattutto ai lavoratori e per esteso al loro sindacato? Davvero si pensa che la Fiom non abbia ponderato tutto questo, anche in rapporto e nel rispetto della contrattazione con aziende dello stesso settore e che sono anche tra loro concorrenti?».

Bertoli dice che non è possibile sacrificare retribuzione, contrattazione, produttività e qualità che hanno consolidato i salari, «per consentire un risparmio ulteriore» a un gruppo che a Brescia «è legittimamente per affari». Per la Fiom questo «non è possibile. Sposare la tesi del prendere o lasciare non solo crea danni ai lavoratori», ma «all´intera società».

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