SILMAS e il Lago d'Idro
di Elena Bini

Due anni di studio sul lago d'Idro hanno evidenziato alcune problematiche e messo le basi per ulteriori approfondimenti. Elena Bini: «Dove si puň č doveroso intervenire subito»

 
Egregio Direttore,
lo scorso sabato, 16 marzo, ho assistito presso la sede della Comunità Montana a Nozza ad un evento di particolare importanza in merito alla qualità delle acque del Lago d’Idro.
Le chiedo spazio per divulgare quanto emerso nonché alcune mie considerazioni.

Nell’ambito dell’AdP sottoscritto nel 2008 tra Regione Lombardia e i Sindaci di Idro, Anfo, Bagolino e Lavenone, Regione Lombardia ha incaricato il Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Parma di effettuare uno studio biennale intitolato “Indagini ecologiche sul Lago d’Idro”.
Lo studio, realizzato da maggio 2010 a giugno 2012, è stato collocato nel contesto del Progetto SILMAS (“Strumenti sostenibili per la gestione dei laghi nello spazio alpino”, www.silmas.eu), finanziato con fondi europei. Tra gli obiettivi principali dello studio il delineare un quadro chiaro sullo stato di qualità del lago e di conseguenza il definire quali azioni intraprendere per migliorare la qualità delle acque e dell’ecosistema del Lago d’Idro.

Di seguito ho qui cercato di sintetizzare le conclusioni dello studio, integrando il documento distribuito ai presenti (che allego scannerizzato) con quanto verbalmente esposto al pubblico nell’incontro del 16 marzo u.s. dagli esperti dell’Università di Parma:
 
1) Il lago presenta condizioni di eutrofia (alta concentrazione di sostanze ricche di fosforo e azoto), con conseguente sviluppo di vegetazione acquatica (macrofite) lungo le sponde e di alghe microscopiche nelle acque aperte.
Tra questi organismi microscopici in sospensione si è talora rilevata la presenza anche di cianobatteri, potenzialmente tossici, di norma reperiti non in superficie, ma a qualche metro di profondità, organismi in via di diffusione anche in molti altri laghi alpini e sotto costante osservazione scientifica.
 
2) Il Lago d’Idro è nettamente stratificato: la qualità dell’acqua nei primi 40 metri è enormemente differente da quella presente nello strato inferiore che va da 40 m fino ai 124 m di massima profondità.
Questa stratificazione è stata segnalata già nel 1970 e le cause che l’hanno determinata sono molteplici e ancora in studio.
L’acqua profonda è ormai già da qualche decennio priva di ossigeno ed è sempre più ricca di sostanze tossiche. Questa doppia stratificazione è denominata “meromissi”, ovvero il normale rimescolamento delle acque non è totale fino a 124 m di profondità, ma è parziale e interessa solo i 40 m più superficiali.
 
3) La causa prima dell’eutrofia delle acque aperte del lago nei 40 m più superficiali è da ricercarsi nei carichi di azoto e fosforo che provengono dai principali corsi d’acqua e dalla presenza di alcuni allevamenti ittici.
L’eccessiva presenza di azoto e fosforo è da mettersi quindi principalmente in relazione con gli scarichi della depurazione civile, con l’utilizzo di fertilizzanti per l’agricoltura e con i reflui degli impianti di piscicoltura. In merito alla presenza di macrofite lungo le sponde meno scoscese, è stata evidenziata anche una certa importanza degli scarichi domestici e diffusi non trattati.
 
4) La presenza delle macrofite nelle zone costiere a bassa pendenza è di rilevante importanza per il mantenimento di un buon equilibrio ecologico dell’ambiente lacustre poiché esse trattengono fosforo e azoto e danno cibo e protezione alla fauna lacustre.
Nelle spiagge fruibili, tuttavia, questa vegetazione è percepita come un eccessivo disturbo.
 
5) Il carico interno, soprattutto di fosforo, nello strato più profondo di acque non in circolazione sembra essere il problema più rilevante poiché crea un serbatoio profondo di accumulo di grandi quantità di fosforo e di ammoniaca, il che può costituire un problema per il risanamento del lago e può essere in relazione con la presenza dei preoccupanti cianobatteri.

Queste le proposte di soluzione dei problemi rilevati esposte nell’incontro dai referenti il progetto, ovvero l’Università di Parma e Regione Lombardia:
 
1) Per la questione macrofite molto diffuse nelle zone a bassa pendenza è stato proposto un taglio parziale, selettivo sia nel tempo, sia nella qualità, sia nella quantità, e solo nelle zone di fruizione delle coste.
E’ stata sottolineata tuttavia l’importanza di attuare nel contempo azioni che riducano l’apporto a lago di azoto e fosforo, essendo questi ultimi la causa dell’abbondante crescita di vegetazione lungo le sponde.
 
2) E’ stato proposto di realizzare studi di approfondimento dell’origine dei carichi esterni di fosforo e azoto, che provengono in larga parte dal fiume Chiese, dal torrente Caffaro e dalle acquacolture.
Una volta individuate le possibili sorgenti, potranno essere valutati e predisposti eventuali interventi di abbattimento.
 
3) E’ stato proposto di individuare e controllare i carichi che arrivano direttamente a lago non depurati e che possono incidere anche sullo sviluppo locale delle macrofite.
A questo proposito sono state avviate verifiche sul sistema di depurazione e collettamento dei Comuni e di alcuni insediamenti intorno al lago.
 
4) In merito al problema piĂą rilevante inerente la meromissi, si ritiene necessario approfondire il quadro delle conoscenze con ulteriori studi prima di progettare eventuali future azioni di recupero.

In calce mi permetto di evidenziare alcune riflessioni personali aventi il significato propositivo di suggerire interventi ad immediata effettuazione:
 
- Come è stato ricordato nell’esposizione, sono ormai più di 40 anni che si sono identificati gli scarichi civili, le piscicolture e i fertilizzanti agricoli come le cause dell’aumento di fosforo e azoto nelle acque sia superficiali sia profonde del Lago d’Idro, come peraltro scientificamente noto da tempo e peraltro accaduto in qualsiasi altro lago dell’arco alpino e non solo.
Sorge allora – immagino a chiunque - spontanea la domanda: non possiamo già essere pronti sia nei tempi sia nei mezzi per valutare e predisporre eventuali interventi di abbattimento di queste fonti di fosforo e azoto?
Non sono stati sufficienti gli studi finora effettuati?
A mio modesto parere il nostro territorio non è così esteso ed articolato da necessitare un così abnorme dispendio di tempo per verificare “chi scarica fosforo e azoto, quanto e quando” e quindi prendere opportuni provvedimenti per abbattere l’apporto a lago di questi nutrienti.
 
- Preciso che per ottenere l’abbattimento di fosforo e azoto immesso dalle piscicolture esistono alcuni facili accorgimenti certamente noti da tempo a chi di competenza; si attende che Regione Lombardia e Provincia di Trento prendano coordinati provvedimenti concreti a riguardo.
 
- In merito all’abbattimento di fosforo e azoto immesso dagli scarichi civili è credo noto ai più che è in fase di realizzazione un collettore dei reflui che, coordinato al potenziamento del depuratore di Sabbio, entro 2 anni potrà entrare in funzione.
Tale collettamento tuttavia coinvolge solo i Comuni di  Anfo e Idro.
Si attende che Regione Lombardia inizi a spendere una parola anche in merito al collettamento dei reflui di Ponte Caffaro, e poi anche in merito alla verifica e controllo dei carichi di azoto e fosforo nei reflui che Bagolino immette nel torrente Caffaro, e da questo direttamente a lago.
 
- Si attende anche che Regione Lombardia si coordini con la Provincia di Trento per verificare e controllare i carichi di azoto e fosforo sia dei reflui civili sia derivanti da attivitĂ  di fertilizzazione agricola, provenienti dal territorio trentino e dal fiume Chiese immissario.

Tengo quindi a ribadire che quanto emerso da questo ennesimo studio, certamente anch’esso come peraltro i precedenti ottimamente realizzato, è ormai noto e risaputo nell’ambito scientifico da molti e molti anni.
Quel che serve a questo lago non è studiare ancora, ma è agire subito per “chiudere i rubinetti dei nutrienti”, concetto già emerso nel lontano 1970 e ribadito periodicamente ad ogni successivo studio!!
 
Ulteriori “studi di approfondimento” in merito, ancora per “individuare possibili sorgenti dei carichi esterni di fosforo e azoto”, possono solo essere purtroppo letti come un modo – direi ormai non più velato - per ritardare i tempi di risanamento ed accelerare invece i tempi di morte dell’ecosistema del Lago d’Idro, con contemporanea trasformazione di un lago naturale di origine glaciale, solo pochi decenni fa una perla d’acqua limpida incastonata nelle Prealpi bresciane, in vasca di contenimento di abnormi volumi di un’acqua buona solo per essere turbinata e poi venduta a valle.

Concludo con un’ultima breve riflessione personale, scaturita dagli interventi istituzionali esposti nell’incontro di Nozza.
Conscia che la responsabilità dello stato attuale del Lago d’Idro è certamente “anche” degli stessi rivieraschi tutti, che in più occasioni nel passato non hanno saputo vigilare né agire in modo accorto e coordinato nella gestione dell’ambiente che li circonda, ho purtroppo avuto sabato scorso l’ennesima occasione di constatare con grave preoccupazione che la responsabilità del futuro del Lago d’Idro è oggi ancora prepotentemente in mano ai “soli” superstiti firmatari dell’AdP2008: Regione Lombardia, Comune di Bagolino, Comune di Lavenone.
 
Un lago è un bene di tutti.
La sua gestione, nel bene e nel male, va condivisa tra tutti – ribadisco, tutti - gli enti direttamente coinvolti.

Grazie per l’attenzione
Distinti saluti
 
Elena Bini - Associazione Amici della Terra Lago d’Idro e Valle Sabbia
 
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