Il Carnevale dei contrasti
di Itu

E' un periodo di tempo che non riesco a connettere dal mio punto di vista, coriandoli e stelle filanti non mi mettono allegria. E' un carnevale che straborda con regole che non capisco


Continuo ad essere perplessa sullo spirito del carnevale, la mia natura svolazzante sull’ironia a 365 giorni dell’anno non riesce a intrappolarsi in questi quindici giorni obbligatori, negli ultimi anni poi denudata anche della satira necessaria a sopportare un carnevale che straborda con regole che non capisco.

Dovrei allora chiarire che sono rimasta in bilico tra vicende impregnanti dove non era interessante il dramma di suggestione alle imposizioni imperiali o papali, la sudditanza e conseguente voglia di giustificare lo sberleffo in maschera mi inquieta e anche mi coinvolge.

Forse mi disturba il sentimento amaro che come unto di frittella si insinua nell’animo esacerbato dalla fatica del lavoro valligiano che nel tempo passato più che mai si slabbrava di tormento, per gli ultimi geli invernali, per le riserve di granoturco che finivano, per le mucche stracche di dare latte sognando tenere erbe di prati, per le febbri che in questo periodo mietevano famiglie intrappolate nei villaggi.

Capisco di testa la voglia di bruciare, di scaricare colpe con processi, di nascondersi in vicoli pubblici in maschera per corteggiare e tastare l’amante, di bere e di stordirsi di paura e di sberleffo.

Invece nel cuore sento una grande contrizione, come se tanta energia per cacciare la paura fosse delusione e come tutte le tradizioni il carnevale sia un tempo di sacrificio più forte di ogni pentimento.
 
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