Tutto da ripensare
di Gianzeno Marca

«La chiusura della 237 del Caffaro per un'intera settimana è solo la punta dell'iceberg di una situazione di profondo disagio che stiamo vivendo in montagna»


Caro direttore,
permettimi di condividere con i tuoi lettori un paio di pensieri che mi sono venuti alla mente, intanto che percorrevo in auto il giro lungo da Riva del Garda per andare al Gaver.
Vivo in Valle Sabbia con un doppio ruolo, quello dell'imprenditore e quello di presidente dell'Agenzia Territoriale per il Turismo.
Mai come nella settimana di chiusura della 237 del Caffaro all'altezza della Rocca d'Anfo, mi sono sentito così a disagio, in entrambi i ruoli.
Per quanto riguarda l'imprenditoria mi riferisco all'attività turistica che io e mio fratello Stefano portiamo avanti al Gaver, col Blumon Break. 
Si chiamava Albergo Blumone nell'immediato dopoguerra, quando è stato aperto da nonna Maria e nonno Fausto. Fece scalpore il fatto che ci fosse l'acqua in camera.
All'inizio l'albergo apriva solo d'estate, poi sono arrivati gli impianti di risalita e le stagioni turistiche sono diventate due: quella estiva e quella invernale.
 
Dopo quello dei nonni è arrivato l'impegno di mamma Ermanna.
Noi siamo cresciuti così ed abbiamo ereditato la caparbietà dei nostri vecchi a non mollare mai, a credere nella nostra terra e nella possibilità di crescere insieme ad essa.
Le difficoltà insomma non ci hanno mai spaventato e nemmeno i rischi che ogni attività imprenditoriale porta con sé.
Fino a un certo punto però.
Infatti un conto è pagare il scotto delle calamità naturali (poca neve, troppa neve, slavine... chi conosce le vicissitudini del Gaver queste cose le conosce), un conto è subire delle penalizzazioni a causa delle negligenze di chi a parole promette attenzione nei confronti della montagna e in realtà non se ne cura affatto.
La vicenda della 237 del Caffaro che è rimasta chiusa per un'intera settimana nonostante dopo l'unica scarica di rocce non sia precipitato sulla strada neppure un sassolino - ma senza le pressioni del territorio avrebbero potuto essere dieci giorni o più - è oltremodo significativa.
Chi se ne frega se da queste parti facciamo i salti mortali per restare a galla? Se insistiamo con gli investimenti, se ci riuniamo in Consorzio per sostenerci l'un l'altro creando sinergie virtuose che ci permettano di presidiare il territorio? Chi se ne cura? Chi ci risarcisce delle perdite?
Insomma: non sono più così certo che valga la pena di investire da queste parti, né per noi né per i nostri figli.
Una constatazione questa che fa male al cuore.
Dall'altra parte sono il presidente dell'Agenzia per il Turismo Valle Sabbia e lago d'Idro, in qualche modo obbligato all'ottimismo.
Chi mi conosce sa che ci ho sempre provato e che ci ho creduto.
 
Ma anche qui, com'è possibile andare avanti a questa maniera, cosa andiamo a promuovere portando la Valle Sabbia nelle fiere del turismo? Forse i litigi che non mancano mai sulle sorti del lago? Forse la nostra Rocca, tanto amata da amministratori e volontari però inesorabilmente chiusa? Oppure le strade vecchie e insicure?
 
Sarebbe meglio che coloro che regolarmente mancano gli impegni presi ce lo dicessero chiaramente che qui da noi non è proprio il caso di fare del turismo, che ci conviene andarcene altrove perchè siamo stati abbandonati a noi stessi.
Per ultimo mi va di ricordare che dopo aver sollecitato i giovani studiosi in materie turistiche abbiamo ricevuto ben 15 tesi di laurea: mirano tutte a valorizzare, ai fini turistici appunto, la nostra bellissima valle.
Che diciamo a questi ragazzi?
Gianzeno Marca
 
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