La Falck apre ai post acuti
di val.

Venti posti letto per chi ha concluso le cure ospedaliere, ma non può fare rientro a casa. Da lunedì scorso sono a disposizione alla Fondazione Irene Rubini Falck di Vobarno.

 
Le cure ospedaliere sono terminate, ma non hai la possibilità di rientrare a casa tua? Non ci sono problemi.
Proprio per casi come il tuo da lunedì scorso la Fondazione Irene Rubini Falck ha attivato un progetto per il ricovero di soggetti "post acuti".
Si tratta di una sperimentazione resa possibile dalle politiche di welfare approvate dalla Regione Lombardia ad aprile di quest'anno.
 
Il servizio, che vede una stretta collaborazione fra l'Azienda ospedaliera, i medici "di base" e la Fondazione, è già attivo e in meno di una settimana la struttura vobarnese ha già provveduto a ricoverare cinque pazienti sui venti posti disponibili.
Il protocollo prevede una permanenza non inferiore alla settimana e non superiore al mese oltre che la priorità per l'accettazione di pazienti ultrasessantacinquenni, che sono l'utenza ideale della struttura e sono anche quelli che dopo la fase acuta del ricovero ospedaliero solitamente incontrano maggiori difficoltà nel reinserimento diretto in casa propria o in famiglia.
 
Insomma: il tentativo è quello di dare risposta a bisogni assistenziali, più che sanitari.
Nel periodo di permanenza nella struttura, vengono ovviamente attivate tutte le sinergie e gli enti che possano essere da supporto per il paziente e per i familiari al momento del rientro a casa, oppure per un successivo ricovero in Rsa, che a questo punto può anche essere diversa da quella vobarnese.
 
Funziona così: il reparto ospedaliero segnala il paziente giunto al termine del suo percorso "acuto", quando le cure potrebbero proseguire a casa e non sono previsti interventi chirurgici, più una serie di parametri di tipo medico previsti dal protocollo.
A quel punto la Fondazione prende contatto con lui e con la sua famiglia, propone il ricovero nella struttura vobarnese e procede alla riabilitazione e a favorire la riacquisizione dell'autonomia.
 
Per il momento il servizio si basa sulle degenze dell'ospedale di Gavardo, la previsione però è di poter accogliere anche pazienti dai nosocomi cittadini o dall'Ucam di Salò.
"Il ricovero non comporta nessun onere per la famiglia, a parte eventuali ticket per i farmaci - ha aggiunto Pierenzo Fabberi, presidente della Fondazione, nel presentare il servizio -. Per noi si tratta di un ulteriore passo avanti sulla strada che sta portando la struttura ad essere un vero e proprio Centro di servizi socio sanitari e assistenziali il più possibile aperto al territorio».
 
Su quest'ultimo punto è intervenuto anche Paolo Barbiani, assessore vobarnese ai servizi sociali: «Personale e volontari stanno facendo un lavoro egregio coinvolgendo anche il resto della popolazione vobarnese in attività ludiche e gite, con la scuola materna con la quale viene condiviso il parco, prossimamente con il Centro prelievi e l'ambulatorio. Insomma, tutta una serie di occasioni di continuità fra gli ospiti e l'esterno che non può che giovare a tutti».

 
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