La Tecnica 2.1
di Dru

A Leretico Dru risponde per determinare rigorosamente quanto afferma con le parole di Francesco Cardone tratte da una tesi su Emanuele Severino.

 
Leretico: “Dire che l'Occidente crede nel divenire significa dire che l'Occidente, nel profondo, crede nella nullità delle cose è ciò è la ragione della sua follia. Ci tengo ad approfondire questa tesi, che mi sembra centrale in tutto il discorso e che significa molto sia per le sue grandi implicazioni pratiche che per il senso del discorso sulla tecnica.”
 
La nullità delle cose: [tutta la storia della filosofia occidentale può essere interpretata come l’alterazione e la conseguente dimenticanza del senso dell’essere, intravista inizialmente dal più antico pensiero greco. Le parole che indicano originariamente l’annuncio della verità dell’essere sono i primi due versi del frammento 6 del poema di Parmenide.
Sono proprio queste parole ad essere state dimenticate, portando alla struttura odierna dell’Occidente.
 
Le parole di Parmenide non indicano una proprietà dell’essere, ma mostrano il senso dell’essere: «l’essere è appunto ciò che si oppone al nulla, è appunto questo opporsi».
Proprio nell’opposizione tra il positivo e il negativo sta il grande tema della metafisica.
Eppure dopo Parmenide (ma dovremmo dire già con lui) l’opposizione tra l’essere e il nulla resta nell’ambiguità.
Resta nell’ambiguità, perché con il progressivo sviluppo della tesi dell’essere grazie a Platone ed Aristotele: l’essere si oppone al nulla sin tanto che esso è.
 
Con queste ultime parole l’ambiguità è già divenuta fatale e con ciò il senso dell’essere è tramontato.
In sostanza, con questa caratterizzazione temporale - sin tanto che esso è – si ha il tramonto della verità dell’essere, ossia della sua necessità (a-temporale): l’essere è certamente, ma solo quando è; il nulla non è, ma solo quando non è.
Tutto questo lo troviamo esplicitato in modo rigoroso nel Liber de Interpretatione di Aristotele (19a 23-27).
 
La differenza che si manifesta sta tra la necessità che l’essere sia, quando è, e la necessità simpliciter che l’essere sia. Il passaggio dalla seconda necessità alla prima comporta che: «”l’essere che non è” quando non è, non è altro che l’essere fatto identico al nulla, “l’essere che è nulla”, il positivo che è negativo. “L’essere non è” significa precisamente che “l’essere è il nulla”, che “il positivo è il negativo”».
 
Con questo pensare il tempo in cui l’essere è il nulla significa negare simpliciter la verità dell’essere, che appunto nega che vi sia un tempo in cui l’essere sia il nulla, il positivo sia il negativo.
Ma la verità dell’essere, l’essere è, dice che l’essere che è non è il nulla, in quel “è” è già incluso il suo non essere il suo opposto, il suo non essere il negativo.
Il travisamento del senso dell’essere sta tutto in questo credere che vi sia un tempo in cui il positivo sia il negativo: questa la follia dell’Occidente.
 
L’errore sta nell’acconsentimento che l’essere sia nel tempo: divenga.
Dei due sentieri indicati da Parmenide, quello in cui l’essere è ed è impossibile che l’essere sia il non essere (il sentiero del giorno) e quello in cui l’essere è il non essere (il sentiero della notte), ebbene di questi due sentieri l’occidente ha percorso quello della notte, ponendo l’essere nel tempo, in cui a volte è e a volte non è. S
 
e però andiamo più in profondità notiamo che Parmenide è sia il primo ad annunciare la verità intramontabile dell’essere sia il primo responsabile del tramonto dell’essere.
Infatti per Parmenide l’essere non è le differenze che si presentano nell’apparire del mondo, le molteplici determinazioni che si manifestano sono soltanto dei nomi, e quindi non sono l’essere: il rosso, la casa, l’albero poiché non significano “essere”, in base alla opposizione tra il positivo e il negativo, queste determinazioni sono “nulla”.
 
L’essere parmenideo per Severino è l’essere trascendente, che nega la molteplicità reale, la quale soggetta al divenire è nulla. «Successivamente l’elaborazione platonica della differenza tra il non-essere come contrario e il non-essere come altro dall’essere è stata per il pensiero occidentale tanto più fatale quanto essenziale.
Perché essa porta le differenze nell’essere, ma continua a lasciarle nel tempo, da cui prende inizio la ricerca di quell’essere che è fuori del tempo: gli immutabili della metafisica.
 
Con Platone le differenze vengono ricondotte nell’essere, perché se le singole determinazioni (rosso, casa, albero ecc.) non significano essere, dall’altra non significano neanche nulla; se quindi non significano nulla, allora di esse si deve predicare l’essere, il quale è un respinger via il nulla.
In tal modo l’essere diventa predicato di ciò che gli è diverso, non di ciò che gli è opposto. Perciò con Platone dire che il “non-essere è” non significa più che il negativo è il positivo.
L’essere parmenideo diventa il predicato di tutte le determinazioni.
 
Ma riconducendo le differenze (determinazioni) nell’essere, l’essere viene interpretato come ciò che può, anzi deve, a volte non essere.
L’irruzione delle differenze del molteplice nell’area dell’essere porta ad interpretare l’intero del positivo sulla traccia del positivo empirico, in conseguenza dell’idea che l’essere è quando è e non è quando non è, vede l’essere come un oscillare tra la positività e la negatività: il divenire.
Sono quindi le determinazioni molteplici che indicano adesso il senso dell’essere. Da ciò segue che dopo Parmenide tutta la metafisica occidentale diventerà una fisica.]
 
Tratto da “Nichilismo, téchne e poesia nel pensiero di Emanuele Severino” di Francesco Cardone.

Dru
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