Cherchez la femme
di Aldo e Sergio

«Interlandi salvato dalle donne». Poteva essere il titolo del mancato romanzo che Sciascia si apprestava a scrivere.

 
Nonostante i tempi, in cui si svolse la storia che da qualche puntata andiamo a raccontare, non fossero favorevoli a donne protagoniste, non possiamo passare sotto silenzio l’importante ruolo svolto da Maria Interlandi per salvare  la vita al marito.
In quei giorni bresciani del ’45 pieni di ansie e di paure insieme a lei altre donne compaiono di scorcio nel fluire di quegli avvenimenti, così lontani ormai che tutto sembra in bianco e nero, tutto avvolto da un’atmosfera di oblio.
Quegli occhi lucidi e grandi che guardavano la macchina dei carabinieri mentre portavano via Cesare e Telesio dalla cascina di Monteroseo a Bedizzole, quegli occhi seri e timorosi da siciliana forte, sono gli stessi che incrociarono quelli di Enzo Paroli e forse anche quelli della sua amante.

Quali parole Maria disse a Paroli lo possiamo solo immaginare e siamo certi che il dolore e la paura di perdere i propri cari la resero molto più intraprendente e determinata.
Possiamo altrettanto immaginare che gli Interlandi avessero coltivato dietro le quinte, nei due anni di vita passati a Desenzano, conoscenze importanti tra i decadenti, ma ancora potenti, rappresentanti della Repubblica di Salò.
Sciascia, spinto dalla testimonianza che aveva raccolto a Roma da Cesare Interlandi, il 25 febbraio del ’89 arriva a Brescia per parlare con Stefano Paroli, figlio adottivo di Enzo Paroli.
Silenzioso come suo solito, seduto nell’ufficio di Stefano si fa raccontare la storia di quegli otto mesi di convivenza nella cantina di casa Paroli.
 
Sappiamo che, nonostante l’attrazione esercitata dall’episodio di un socialista che salva la vita di un famoso fascista, lo scrittore siciliano questa storia non la scrisse.
Forse l’acuto e discreto osservatore capì che la deontologia professionale non era sufficiente per spiegare il coinvolgimento personale da parte dell’avvocato Paroli.
Lì si andava oltre la difesa processuale, per il “razzista†si rischiava la vita.
Forse si accorse che ciò che sembrava lineare e cristallino era invece intrecciato, complesso, ambiguo.

L’incontro con Stefano, non sortì gli effetti desiderati e il rovello di Sciascia continuò fino al momento in cui la malattia gli tolse le forze per continuare.
Il passaggio del testimone a un magistrato, Vincenzo Vitale, ebbe lo scopo di indagare ancora e forse più in profondità, nel tribunale di Brescia, riguardo ai processi dei tribunali speciali di quegl’anni terribili, tribunali di vendetta e di morte, in cui si intrecciarono le vicende dello stesso Interlandi e quelle dello squadrista Ferruccio Sorlini.
È il 28 luglio del 45 quando nell’aula della corte d’assise straordinaria di Brescia il carabiniere Giuseppe Barattieri (ex partigiano) spara una raffica di mitra contro l’imputato Ferruccio Sorlini, comandante delle camicie nere e collaboratore del capitano delle SS Priebke.
 
L’interessamento del magistrato di Catania non riguarda però la storia di Sorlini, ma certamente non gli sarà passata inosservata la coincidenza del suo essere fratello dell’amante di Enzo Paroli.
Dalla poca documentazione non si ricavano notizie che possano discostarsi dagli appunti ricevuti in eredità da Sciascia; e per onestà intellettuale Vincenzo Vitale non può che utilizzare le testimonianze di Stefano Paroli e di Cesare Interlandi.

Stefano, oltre a non chiarire con lo scrittore siciliano, non approfondisce neanche con Tonino Zana, che nel “Nero e il Rosso†dà una sua versione dei fatti, simile a quella del magistrato di Catania.
Una maggiore confidenza è riservata da Cesare a Mughini.
Il tribolato rapporto con le donne di Enzo Paroli, compare nel suo libro “A via della Mercede c’era un razzistaâ€.
“Per otto mesi i tre Interlandi vivono tra il seminterrato e la stanza del primo piano dove si mangia. Pranzi e cene che spesso si trasformano in un inferno.
 
Perché l’avvocato ha una relazione semiufficiosa con una donna, ciò di cui la moglie Egle è a conoscenza e non gli dà tregua.
Ex cantante lirica , una donna grassa con qualche anno in più del marito, la signora Egle cerca di far schierare dalla sua parte la signora Maria, di guadagnarsi la sua solidarietà di donna siciliana tradizionale e gelosissima, e questo mentre i due Interlandi maschi tacciono imbarazzatissimi, affondando il volto nel piatto in cui stanno mangiandoâ€.
La causa delle furiose liti, la donna che diverrà compagna definitiva dell’avvocato e che gli farà perdere anche la voglia di galanti avventure, è Angiolina, la sorella di Ferruccio Sorlini, lo squadrista soprannominato la “belva di Bresciaâ€, ammazzato in tribunale dal carabiniere della sua scorta.

Il complesso rapporto con le donne, che seppure in conflitto diventano complici, esalta l’atto di Enzo Paroli che, non nascondendo all’Interlandi l’opinione sul suo conto : “Lei non ha ucciso nessuno. Mai deportato nessuno. Ma forse ha fatto di peggio. Ha contribuito  a creare le condizioni spirituali perché si uccidesse e si deportasse. Perché si consumasse forse il più orrendo dei crimini: che ci fossero razze e non uomini!â€,  non poté esimersi dal salvargli la vita.

Aldo e Sergio
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