Il presepio sbagliato
di Ezio Gamberini

“Vedrai, non ti abbandonerň, non resterai senza di me!”, gli disse solo sei mesi prima sua moglie Rosetta, mentendogli forse per la prima volta.

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Ma se ne andò in un battibaleno, lasciandolo solo e triste, con il cuore affranto e l’animo straziato.
Non riusciva a darsi pace, nulla sembrava sollevarlo. Forse, solo il piccolo Beniamino, il nipotino di otto anni arrivato tardi, come tardi era arrivato suo figlio Marcello, che a quarant’anni suonati si era finalmente sposato con Alba, una brava ragazza del paese.
Quel Natale nonno Delio l’avrebbe passato al Centro per gli anziani, dove era stato organizzato un pranzo coi fiocchi.
Marcello e Alba, invece, dopo l’insistenza del padre consapevole del loro bisogno di “staccare la spina”, avevano prenotato una magnifica settimana in Sud Tirolo, dove Beniamino avrebbe potuto scorrazzare sulle piste da sci. Partirono l’antivigilia di Natale, un po’ controvoglia; ogni giorno avrebbero chiamato il nonno, il quale in ogni modo cercava di tranquillizzarli: “Su non preoccupatevi, andate tranquilli… E poi, a Natale sarò con gli amici!”.   
 
Aveva cercato di organizzarsi, in quei mesi: sveglia mai più tardi delle sette, perché il mattino ha l’oro in bocca, colazione gustata con sapiente lentezza (come faceva con la sua Rosetta dopo aver raggiunto la pensione… che bello potersela godere in compagnia, dopo una vita di corsa e con l’occhio sempre rivolto a quel maledetto orologio!), poi a metà mattina una passeggiata per comprare due panini, un po’ di frutta e verdura fresca, ma poca, in modo da doverne acquistare anche l’indomani. Il pomeriggio al centro sociale o a passeggiare con gli amici.
E poi in parecchie occasioni si occupava di Beniamino, per l’impossibilità dei genitori; e in quelle circostanze era proprio un divertimento. La sera era dura, ma fortunatamente la lettura lo stregava, fino al punto da fargli perdere la nozione del tempo. Non era infrequente per lui assopirsi mentre ormai albeggiava. Quando succedeva, com’era dolce il pomeriggio successivo, dopo pranzo, schiacciare un pisolino sul comodo divano, con il televisore sintonizzato sul canale che trasmetteva vecchi film…
 
Fu uno strazio quell’anno preparare il presepio, poco prima di Santa Lucia, per rispettare la tradizione di casa.
Il rito fino allora era sempre avvenuto sotto la vigile sorveglianza di Beniamino, prima semplice spettatore, fino ai tre anni, e poi da protagonista, sospinto e incoraggiato da nonna Rosetta che gli passava le statuine, le casette, gli insegnava a coprire con il muschio il cartone a forma di montagna e collocare nel modo corretto la carta stagnola argentata per realizzare il fiume e il laghetto.
Il nipotino conosceva in sostanza ogni più piccolo dettaglio del presepio dei suoi nonni. Quando andò a prendere gli scatoloni in solaio, per fortuna c’era Beniamino, così la malinconia svanì, ma soprattutto ogni pezzo, statuina, casetta, luce, albero, fu collocato nell’esatta posizione dal piccolo con la memoria di ferro, e in un paio d’ore il presepio fu terminato. Si sedettero a rimirarlo per dieci minuti, soddisfatti e immediatamente ammaliati dall’atmosfera che si creò, non appena accesero le luci a intermittenza; fra pochi giorni sarebbe nato il Bambinello!
 
Arrivò la vigilia, e fu un bel giorno, pieno d’incontri e festeggiamenti con gli amici.
A sera Delio era spossato. Il figlio lo chiamò prima di cena e si fecero gli auguri, con il proposito di risentirsi l’indomani. 
“Questa sera minestrone, e basta”, disse tra sé, pregustando le prelibatezze del pranzo natalizio. Terminato il pasto frugale, si sedette davanti al televisore, e poco prima di mezzanotte lo spense, per dedicarsi finalmente all’esclusiva contemplazione del suo presepio. Quante luci! Ma soprattutto quanti ricordi cominciarono ad accavallarsi.
Trascorsero alcuni minuti, in assoluto silenzio, ed infine, con un fil di voce, bisbigliò: “Oh, dai, se lo vuoi, puoi farlo!”. Per qualche istante si udì soltanto il ticchettio della vecchia sveglia, e poi: “No, non posso, è una pazzia…” gli rispose la voce che da qualche mese gli sembrava di udire, dapprima spaventandolo un bel po’, ma poi l’assuefazione prese il sopravvento. Quanto insistette il nonno quella sera, Dio, come fu ostinato!
 
Al Centro il pranzo era quasi pronto, mancava soltanto nonno Delio. Erano le undici e mezzo, e alcuni amici, dopo averlo chiamato al telefono senza riceverne risposta, si recarono presso la sua abitazione e cominciarono a suonare il campanello. Niente. “Probabilmente ha cambiato idea, è andato in montagna”. Ma a sera quando Marcello chiamò il papà senza ottenere risposta, si preoccupò e mandò a casa la signora che si occupava delle pulizie. Entrò nell’appartamento, ma… nonno Delio era sparito!
 
Marcello e Alba tornarono a casa la notte stessa, parcheggiarono l’auto, sulla quale volevano lasciar riposare il piccolo Beniamino mentre salivano dal nonno, ma il bimbo si svegliò e volle accompagnarli. Entrarono in casa, le luci erano accese, controllarono tutte le stanze, ma del nonno non vi era traccia. Anche il presepio aveva le luminarie accese; Beniamino si avvicinò e lo osservò con attenzione.
Improvvisamente trasalì: “Papà, il presepio è sbagliato!”. “Come sbagliato?”, rispose Marcello, quasi infastidito dal fatto che in quel momento il bambino pensasse a una cosa così frivola. “Sì, è sbagliato: quei due vecchietti seduti sulla panchina della casetta, accanto alla capanna di Gesù Bambino, non ci sono mai stati!”. “Ma che dici?”, rispose il papà. Sudava freddo, ma si avvicinò per osservarli meglio: notò che i due personaggi si tenevano per mano e portavano un paio di occhiali, simili a quelli che indossarono per tutta la vita i suoi genitori. “Occhiali… gli occhiali, duemila anni fa?”, si chiese incredulo.
 
Rosetta, mentre la malattia le divorava le ossa, in realtà non aveva mentito a Delio quando gli aveva promesso: “Vedrai, non ti abbandonerò”.
Marcello non riusciva a darsi pace. Il piccolo Beniamino, invece, conosceva la verità, memore della frase che nonno Delio, ogni anno, mentre costruivano il presepio, rivolgeva a sua nonna, indicandogli la panchina vuota davanti alla capanna: “Vedrai Rosetta, un giorno tu ed io riposeremo seduti proprio lì”.
“Ma cosa dici – lo rimproverava sua moglie con tono burbero – che poi il bambino ci crede!”.
Ma Beniamino ci credeva, eccome, e crebbe con un cuore puro. E fu proprio quel cuore puro che gli permise negli anni a venire, fino a quando diventò vecchio, di poter ammirare a ogni Natale il presepio sbagliato, per contemplare i suoi nonni estasiati al cospetto del Bambinello che nasce.
 
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