Un euro
di Ezio Gamberini

Per tornare dal lavoro č necessario imboccare le gallerie che dal lago conducono in Valle Sabbia...

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...ed una sera di qualche giorno fa, mentre pregusto la soddisfazione che mi procurerà indossare i pantaloncini per andare a corricchiare lungo le sponde del Chiese, scorgo una macchina ferma in una sosta d’emergenza; è una monovolume piuttosto vecchiotta e malandata e, poco più avanti, radente il muro sull’angusto marciapiede che costeggia per tutta la sua lunghezza ogni galleria, un uomo dall’andatura ciondolante, l’espressione sconsolata ed una piccola tanica di plastica in mano.
“E’ restato a piedi”, penso tra me.
 
Terminata la galleria c’è una piccola area di sosta. Ma sì, decido di aspettarlo, andrò a correre più tardi.
 “Grazie amico!”, mi dice salendo in macchina.
E’ alto, mamma mia quanto è alto, un fisico possente, nero nero, la pelle bellissima, due occhi furbi ed un sorriso accattivante; insomma, uno delle migliaia di ex extracomunitari, oggi abitanti la nostra valle.
Lo accompagno al distributore.
 
Il benzinaio eroga dalla pompa cinque litri, riempiendo la tanica, ed esclama: “Sette euro”. Il “gigante” si fruga le tasche, prima quelle davanti, poi quelle dietro: “Ehm, ehm…”.
Ho capito, gli allungo un deca, e misteriosamente i tre euro di resto spariscono all’improvviso trasferendosi, forse agevolati da un mirabolante processo fisico di cui ignoro la natura, dalle sue enormi mani al minuscolo taschino della sua camicia.
 
“Dai, che ti accompagno alla macchina”, anche se poi dovrò arrivare ai Tormini per poter ritornare a casa, poiché in tangenziale non si può fare l’inversione a U.
“E la tua corsa?”, mi sussurra una vocina che conosco, la quale, non so perché, continua ad importunarmi da una cinquantina d’anni…
“Perché hai fatto questo?” mi chiede prima di scendere dall’autovettura, lasciandomi perplesso.
“Perché tu lo farai a un altro, e un giorno, forse, quest’altro aiuterà me”.
 
“Ah – sussurra  la vocina di prima – allora lo fai per un tornaconto!”.
Non so che rispondermi.
Penso alla storia di quella mamma del soldato disperso in Russia durante la guerra, quando a chi le chiedeva perché spendesse così tanto per assistere i rifugiati, rispondeva che forse allo stesso modo una mamma in Russia aiutava il suo figliolo.
Mia bisnonna Lucia, sopra il fuoco, conservava sempre uno scatolino con dentro i decini per i poveri che venivano a bussare alla sua porta; non uno se ne andava a mani vuote. Son passati più di cento anni da allora,  i poveri ci sono ancora e ci saranno sempre, e senza sosta busseranno a qualche porta.
 
Così ho deciso: terrò sempre in tasca destra dei pantaloni un euro, disponibile per chi me lo chiederà.
“Sei matto?”, penserà qualcuno. Ho fatto le prove, ed è successo che per giorni e giorni non vi sia stata alcuna opportunità per “devolvere” questo euro (ed ovviamente, quando le occasioni sono più di una al giorno, esaurita quella, per quel giorno si è dato!).
 
Ed allora il “malloppo” non speso per giorni, alla fine del mese può essere utilizzato per cose buone o lodevoli iniziative.
Per dieci famiglie che adottassero tale metodo, ne potrebbe essere sostenuta una intera, almeno per quanto riguarda il necessario per vivere.
Non mi sembra un’utopia. E tutto per merito di un euro…
 
 
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