Acb: «Sei mesi per discutere di accorpamenti»
di red.

L’Associazione Comuni Bresciani dichiara guerra ai tagli della manovra per gli enti locali e chiede un tavolo di confronto per analizzare eventuali accorpamenti dei piccoli comuni.

Dura presa di posizione dell’Associazione Comuni Bresciani (Acb) contro la manovra finanziaria al vaglio della commissione Bilancio del Senato in questi giorni, che prevede tagli agli enti locali e la soppressione per decreto dei comuni inferiori ai 1000 abitanti. Alla riunione convocata in via straordinaria all’inizio di questa settimana, oltre al presidente Emanuele Vezzola, al suo vice Michele Orlando, ad altri sindaci della provincia di Brescia e agli esponenti delle comunità montane, erano presenti anche il vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi e l'assessore provinciale Aristide Peli.

Oltre all'adesione alla manifestazione indetta per il 29 agosto a Milano contro la manovra, Acb ha presentato un documento condiviso nel quale propone sei mesi di riflessione per analizzare meglio la vicenda sugli eventuali accorpamenti dei piccoli Comuni e rimandato alla Riforma delle Autonomie il vero tavolo di confronto. L’Acb ha parlato anche di Federalismo Fiscale, di cui ha discusso durante la conferenza nazionale dell’Anci del 2 e 3 luglio scorsi a Riva del Garda, e per il quale si chiede la sua attuazione già dal prossimo anno. La “guerra” dei Comuni è stata dichiarata anche sul fronte dei tagli: 6,6 miliardi di euro in meno secondo gli stessi enti locali non saranno destinati fino al 2014 e chiedono una graduatoria ufficiale dei Paesi virtuosi e di quelli, invece, che sperperano i fondi.
Il documento è stato inviato al ministro Mariastella Gelmini e ai deputati e senatori bresciani.

E nel documento finale gli stessi enti mettono nero su bianco alcune proposte: superare il Patto di stabilità per usare i residui passivi sulle spese di investimento, un regime più semplice per i Comuni piccoli, togliere le penalizzazioni delle tre mensilità per gli uffici ragionerie e dieci per gli amministratori, l’esclusione dal Patto delle spese e un ruolo più flessibile per la segreteria comunale. E alla fine gli stessi enti si dicono “pronti a collaborare ma che siano sempre considerati per i valori che rappresentano tra lo Stato e cittadini”.

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