«Il Civismo è morto! Lunga vita al Civismo!»
Mi fa piacere: in seguito alla lettera di Agostini ecco che ne arriva una di Tiboni.
In attesa di sentire anche l'altra campana, magari anche su questioni diverse da quella esclusiva del civismo, la pubblichiamo volentieri.


Mi fa piacere: in seguito alla lettera di Agostini ecco che ne arriva una di Tiboni.
In attesa di sentire anche l'altra campana e magari anche su questioni diverse da quella esclusiva del "civismo", pubblichiamo volentieri anche questa.


Egregio Direttore,
ho letto con molto interesse l’intervento del coordinatore della Margherita di Valle Sabbia, così come con molto interesse avevo partecipato al dibattito durante il congresso di zona del 19 maggio.
Oggi come allora, pur condividendo nella sostanza parte dell’intervento di Agostini, mi sembra doveroso esprimere alcune considerazioni che, da membro della Margherita da sempre attento e favorevole al processo che ci porterà verso il Partito Democratico, ritengo possano essere utili al dibattito.

Siamo veramente sicuri che l’esperienza del civismo debba dichiararsi conclusa? Siamo sicuri che i tempi per questo processo siano maturi?
Provo a spiegarmi. Le elezioni politiche del 2006 e le elezioni amministrative di ieri ci confermano una sensazione ormai diffusa: il centro sinistra non è in grado di dare voce al Nord del paese. Và da sé che in questa condizione il Civismo ispirato ai nostri valori rappresenta oggi l’unica ancora di salvezza di una politica in profonda agonia.
Nelle nostre province, infatti, così come nella nostra valle, gli elettori di Centro Sinistra appaiono destinati a rivestire uno scomodo ruolo di minoranza sociale, prima ancora che politica, come dimostra il calo di consensi sia in occasione delle elezioni nazionali che nei casi in cui questi si presentino a livello locale.

Per contro la stessa cosa sembra non avvenire, o comunque avvenire in modo minore, allorquando a presentarsi dietro il proprio simbolo sono i partiti del Centro Destra.
Può sembrare paradossale, ma in questa situazione dobbiamo a mio parere ringraziare quelle donne e quegli uomini che, di fronte al grande calo di appeal dei partiti della nostra coalizione, non si rassegnano “a votare dall’altra parte” e decidono invece di unirsi e coagulare forze che sono a tutti gli effetti alternative al comune senso del leghismo e del berlusconismo imperanti.
Ora, dal momento che noi abbiamo nel tempo abdicato su temi quali la sicurezza, che non si gioca solo sul campo dell’accettazione degli immigrati o della tolleranza, la tutela del lavoro, che nelle nostra valle, fatta di “partite i.v.a. e padroncini”, non può e non deve essere circoscritta alla sola difesa dei diritti di lavoratori dipendenti e dei pensionati, l’equità fiscale, che non possiamo continuare a coniugare come lotta agli imprenditori e ai professionisti evasori quando la ricaduta della leva fiscale sul territorio è percepito come pari a zero, non possiamo oggi permetterci di commettere il grave errore di disperdere, per senso di comodità ed opportunità politiche, il grande patrimonio del piccolo civismo locale.

Perché se da un lato è vero che certe ambiguità e certi comportamenti nuocciono all’amministrazione dell’interesse sovracomunale, è però altrettanto vero che l’attuale stato di difficoltà della nostra iniziativa politica a livello locale, bloccata dalla scarsa rappresentatività nazionale e dalla difficile situazione di governo, non gli giova.
La vera crisi, infatti, si può individuare nella difficoltà da parte nostra di parlare ad un tessuto sociale e produttivo che non ci riconosce come interlocutori attenti, che non ci ritiene in grado di tutelare i suoi legittimi interessi.
E serve a poco, in questo senso, invocare strumenti “federali” come si è fatto con la Margherita anni fa e come si cerca oggi di fare con il Partito Democratico, se prima non si dà il via ad una stagione di rincorsa puntuale delle singole realtà politiche e sociali, civiche e non, che ci possono aiutare nell’esegesi tanto difficile di questa fetta importante di paese.
Questo è un tessuto sociale coeso e per certi versi avvilito, guidato dall’istinto di sopravvivenza che gli è proprio e che gli consente di trovare nel civismo la propria reazione ad uno status quo che non condivide.

Ed è proprio a questa situazione che dovremo dare risposta, rimboccandoci le maniche anche e soprattutto al di fuori dei partiti, senza pretendere adesioni a priori e senza chiusure inutili.
Solo dopo una vera rinascita della politica del Centro Sinistra locale potremo veramente chiedere al civismo ci farsi da parte, ma a quel punto non servirà farlo, perché chi oggi è fuggito avrà ritrovato una casa in cui riconoscersi. E speriamo che sia quella Democratica.

Francesco Tiboni – Direttivo DL-La Margherita –Vobarno
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